Il parco delle sculture del Museo delle Belle Arti di Shushi: vittima illustre della pulizia etnico-culturale anti-armena
Pubblichiamo questo articolo del prof Grigor Ghazaryan dell'Università Statale di Yerevan con alcune integrazioni del prof. Carlo Coppola (L'immagine di repertorio è stata fornita dal prof. Ghazaryan).
Il parco delle sculture del Museo delle Belle Arti di Shushi è stato fondato nel 2011 e durante anni di collaborazione internazionale tra scultori di vari paesi uniti in nome della pace, grazie ai simposi annuali di scultura (al quale partecipano anche artisti italiani) aveva lasciato alla città un patrimonio artistico di grande valore inter-comunitario oltre che trans-nazionale. La sua fondazione si deve a uomini di pace come lo scultore Vighen Avetis e al filosofo, poeta e scultore Massimo Lippi, in collaborazione con le autorità della Repubblica dell'Artsakh (Nagorno Karabakh).
Durante l’aggressione dei 44 giorni contro l’Artsakh da parte delle forze turco-azere, (aiutate da terroristi jihadisti per cui tanto il presidente Azero quanto quello turco nutrono per così dire "palesi simpatie"), l’edificio del Museo divenne bersaglio strategico di attacchi missilistici proprio per il suo alto valore di luogo di cultura. Il parco adiacente dove erano collocate le sculture, era rimasto pressoché indenne e dalle riprese satellitari non aveva mostrato rilevanti danni fino al mese di dicembre 2020.
Comunque, siccome tutti lavori creati con la partecipazione degli armeni dell'Artsakh sono già da 11 mesi nel mirino delle dittatura di Aliyev, anche l’esistenza del parco non è stata tollerata dal suo brutale e inumano regime. Quest'ultimo, infatti, nella sua delirante opera di riscrittura e mistificazione degli ultimi 10 mila anni di storia del Caucaso meridionale, non contempla l'esistenza di qualunque testimonianza rappresenti la presenza antica e moderna degli Armeni. Per tali ragioni anche il Museo delle Belle Arti di Shushi - che gli Azeri hanno ribattezzato "Shusha" - risulta essere una spina nel fianco rispetto alla sua invasione dell'Artsakh, ottenuta come si sa con la complicità di molti paesi stranieri che, per accaparrarsi con un qualche sconto anti-russo le risorse naturali dall'Azerbaijan, si sono inchinate a baciare le mani al crudele satrapo.
Le immagini satellitari mostrano che tra il 10 aprile e il 5 giugno, le 51 sculture nel parco del Museo di Belle Arti di Shushi sono state rimosse e l'area dopo quella data risulta completamente sgomberata, in barba alle "forze di pace" della Federazione Russa che avrebbe dovuto garantire secondo gli accordi trilaterali anche la tutela del patrimonio artistico culturale dell'Artsakh. Diverse organizzazioni, tra le quali Caucasus Heritage Watch hanno espresso preoccupazione per le condizioni di queste opere d'arte, che sono di proprietà di quel museo.
Tra le sculture presenti nel parco vi sono opere di: Isahak Apreyan, Robert Askaryan, Vighen Avetis, Maya Avagyan, Ara Badalyan, Bagrat Balabekyan, Luca Calo, Valter Černeka, Milija Čpajak, Giuseppe Giovanni Del Debbio, Antonio Di Tommaso, Manjun Gao, Hayk Hakobyan, Mihran Hakobyan, Spartak Harutyunyan, Kurkik Jalali, Anania Kocharyan, Agostino & Massimo Lippi, Arnold Meliksetyan, Kanta Kishore Moharana, Gor Nadoyan, Stefania Palumbo, Chander Parkash, Luciano Preti, Francesco Roviello, Koryun Sahnahetsi, Davit Sargsyan, Kumiko Suzuki, Nikola Tesla, Manuela Traini, Craig Usher, Ashot Yeritsyan.
Si chiede al Governo dell'Azerbaijan e a quel che resta della sua credibilità internazionale la restituzione delle opere in questione, ma se ne teme la distruzione
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