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" 'O bianco fiore' primo inno della Democrazia Cristiana di don Dario Flori" articolo di Carlo Coppola



Il canto "O Bianco Fiore" non è solo una melodia, ma un vero e proprio simbolo che ha attraversato e modellato decenni di storia politica e sociale italiana, legandosi indissolubilmente all'impegno dei cattolici nel panorama pubblico. Nato in un contesto di fervore e rinnovamento sociale, questo inno incarna le speranze e gli ideali di intere generazioni, da don Luigi Sturzo alla Democrazia Cristiana.


Le Origini: Don Dario Flori,

La paternità di "O Bianco Fiore" è saldamente attribuita a don Dario Flori, sacerdote toscano noto con lo pseudonimo di Sbarra. Nato a Quarrata (Pistoia) il 6 agosto 1869 e spentosi a Firenze il 16 aprile 1933, don Flori fu una figura di spicco nell'azione sindacale cattolica. Il suo impegno per i lavoratori e la giustizia sociale lo rese un precursore, capace di coniugare la fede con le istanze concrete del mondo del lavoro.

Il canto fu composto ai primi del 1906, in un'epoca di profonde trasformazioni sociali e di crescente attivismo cattolico. La sua melodia e il suo testo, pervasi da un forte senso di speranza e di identità, lo resero subito popolare negli ambienti cattolici impegnati nel sociale.


Dall'Adozione di Don Sturzo
all'Inno del Partito Popolare

L'importanza di "O Bianco Fiore" crebbe esponenzialmente quando fu adottato da don Luigi Sturzo come inno del Partito Popolare. Sturzo, fondatore del partito nel 1919, riconobbe in questo canto un veicolo potente per esprimere gli ideali di democrazia, giustizia sociale e impegno cristiano che erano alla base della sua azione politica. L'inno divenne così un elemento distintivo delle assemblee e delle manifestazioni del neonato partito, contribuendo a forgiare la sua identità collettiva.

La versione definitiva del canto fu pubblicata sul periodico “La Chitarra” nel secondo trimestre del 1919 [a. VIII (1919), n. 4-5-6], accompagnata da un significativo articolo dello stesso don Flori. Questa pubblicazione sancì la sua forma ufficiale e ne diffuse ulteriormente la conoscenza e l'uso.


Una contesa sulla paternità:
Don Amilcare Berzieri

Nonostante la consolidata attribuzione a don Dario Flori, è interessante notare come altre fonti abbiano occasionalmente attribuito la paternità dell'inno a don Amilcare Berzieri. Berzieri fu un sacerdote che, a differenza di Flori, venne sospeso a divinis, un dettaglio che aggiunge un velo di mistero e complessità alla storia dell'inno. Tuttavia, la documentazione storica e le dichiarazioni dello stesso don Flori rendono la sua paternità ampiamente accettata.


L'Eredità dell'Inno
nella Democrazia Cristiana
Il percorso di "O Bianco Fiore" non si concluse con il Partito Popolare. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la nascita della Democrazia Cristiana, l'inno venne naturalmente adottato come il primo inno ufficiale del nuovo grande partito di massa. Questo passaggio sottolinea la continuità ideale e valoriale tra le esperienze politiche dei cattolici italiani, dal popolarismo sturziano alla DC del dopoguerra. "O Bianco Fiore" continuò a risuonare nelle sedi di partito, nelle piazze e nelle campagne elettorali, diventando la colonna sonora di un'intera era politica.

Il testo del 1919, quello che si affermò e che accompagnò generazioni di militanti, è la testimonianza più fedele di un canto che, al di là della sua melodia, rappresentò un vero e proprio manifesto di ideali, unendo fede, impegno sociale e aspirazioni democratiche in un'unica, potente voce:


Udimmo una voce: corremmo all'appello,
il segno di Croce sta sul mio fratello !
nel segno struggente, di mille bandiere
vittoria alle schiere, di fiamme e 
d’ardor.


Rit: O bianco fiore

simbol d’amore,
con te la gloria
della vittoria.
O bianco fiore
simbol d’amore
con te la pace
che sospira il cor.

Dai campi bagnati del nostro sudore
veniamo crociati di Cristo nel cuore.
Veniamo e cantiamo la nostra canzone:
noi siamo legione, corriamo e vinciam.

(Rit.)

Venite su alfine alla nostra bandiera.

Dall’arse officine dall’ardua miniera
Venite e cantiamo la nostra canzone:
noi siamo legione, corriamo e vinciam.

(Rit.)

La nostra falange di pace è foriera:

chi soffre, chi piange, chi crede, chi spera.
Venite e cantiamo la nostra canzone:
noi siamo legione, corriamo e vinciam.

(Rit.)

Chi adopra l’ingegno, chi all’opre attende

sia saldo all’impegno che uniti ci rende.
Lottiamo per la fede, lottiamo per il pane:
il popol dimane redento sarà.

(Rit.)