Sulla non cultura degli Armeni: un' improvvida "relata refero" del prof. Galimberti
Un paio di giorni fa una mia amica mi ha inviato tramite Facebook questo video, chiedendo a che cosa si riferisse l'esperto prof. Galimberti e che senso avessero le sue parole.
L'amica in questione è persona sensibile, donna arguta, collaterale alla questione armena per ragioni per così dire "familiari" essendo una dei pochi discendenti, seppure acquisiti, di Hrand Nazariantz, una pronipote di sua moglie Maddalena De Cosmis. Non è tuttavia direttamente coinvolta nell’identità e nella cultura armena.
Ho guardato attentamente questo video. Non commento la prima parte dell'intervista relativa all’ignoranza reale o strumentale della classe politica italiana contemporanea, ma il problema è relativo ad un'altra questione.
Così riferisce l'eminente studioso all’interlocutoria Lilli Gruber che lo intervista, e insieme a lei agli spettatori e che tele-ascoltatori de La7:
Una volta gli ho chiesto, al Console dell'Armenia (sic), per quale ragione il genocidio armeno non ha avuto successo e ha avuto così tanta difficoltà ad essere riconosciuto rispetto al genocidio ebraico e la sua risposta è stata: "perché gli Ebrei sono molto più colti di noi!".
Non entriamo nell'uso rafforzativo del dativo etico (o di affetto) dell' "Una volta gli ho chiesto al..." tipico di talune parlate settentrionali; passi anche l'affermazione raggelante: "il genocidio armeno non avuto tanto successo..." come se si trattasse di una trasmissione televisiva cui addebitare uno punteggio percentuale di gradimento televisivo ma, ascoltando l'intera intervista stentiamo a cogliere il nesso tra le affermazioni sull'ignoranza della classe politica italiana e il tema dei genocidi.
Ciò che lascia perplessi in quest'intervista è, peraltro, che l’affermazione risulti del tutto fuori contesto, quando cita a sua volta l'incontro con il Console della Repubblica di Armenia. Non indaghiamo neppure l'identità del Console, onorario o diplomatico di carriera, e neppure in che tempi sarebbe avvenuta la conversazione cui si fa menzione.
L'affermazione riferita dal Galimberti ha il tono di una chiacchiera da bar e preoccupa proprio per la sua banalità.
Come si può citare un fatto del genere nel quale si consegna al pubblico ludibrio l'intero livello di cultura di un popolo, sia pure a mo’ di esempio, davanti a milioni di telespettatori? Ricordi il professore, e lo ricordi anche il Console, che il popolo armeno, citato a sproposito, da almeno un paio di millenni sforna intellettuali e pedagogisti, medici, ingegneri, fisici e legislatori di livello pari se non superiore a quello di tanti paesi dell'occidente: non facciamo i nomi dei maggiori solo per non umiliare pesantemente nessuno che non li ricorda a menadito. Inoltre da quando in qua la cultura di un popolo è parametro di giudizio per misurare il livello di cultura di un altro?
Siamo certi che l'affermazione del professore sia stata puramente estemporanea. Resta tuttavia un fatto grave che nessuna autorità rappresentante dell’Armenia in Italia, compreso il Console suddetto, non abbia sentito il dovere di chiedere conto - in tutta serenità e con atteggiamento puramente e costruttivamente interlocutorio - allo studioso delle sue affermazioni.
Nessuno dunque ha avvertito la necessità di una rettifica in qualunque sede, a salvaguardia dell’onorabilità culturale del popolo armeno che da millennio ha come propria unica arma di difesa e di conquista la propria cultura. Non è sui premi Nobel che si misura la cultura di un popolo ma sulla sua educazione, sui suoi comportamenti e sull'abitudine al vivere civile nazionale ed internazionale.
Povera Armenia in ancor più misera Italia!
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Al presente articolo alleghiamo la replica del Signor Console Onorario della Repubblica di Armenia a Milano lo stimato dott. Pietro Kuciukian:
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