10 aprile 1992 - 10 aprile 2019: 27 anni fa a Maragha un'appendice del Genocidio Armeno
Pubblichiamo questo breve articolo di sintesi sui Massacri di Maragha avvenuti il 10 aprile 1992.
Ne è autore il nostro corrispondente da Yerevan, il prof. Grigor Ghazaryan, docente di Italiano all'Università Statale di Yerevan ed ex funzionario del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia.
L'articolo, lungi dal voler essere esaustivo sull'argomento, ha un valore testimoniale e commemorativo della terribile strage avvenuta 27 anni or sono e dà notizia di un appello del Difensore dei Diritti Umani del Nagorno Karabakh Rouben Melikyan.
Commemoriamo oggi un'orribile strage avvenuta 27 anni fa: ci riferiamo ai massacri di Maragha. Su questi fatti la comunità internazionale non ha ancora dichiarato la valenza genocidiaria, ma diverse sono state nel corso degli anni le richieste in tal senso.
Era il 10 aprile 1992, le stragi compiute dalle forze armate azere nel villaggio di Maragha della regione di Martakert, sono state l’ennesima manifestazione assurda di odio e uno dei più concreti esempi della politica genocidiaria della Repubblica dell'Azerbaijan contro gli Armeni dell’Artsakh.
La mattina del 10 aprile 1992 ha avuto inizio la "Guernica Armena" con un massiccio bombardamento ai danni della popolazione civile, seguito dall’invasione militare, via terra, del villaggio di Maragha da parte di militari azeri armati sino ai denti. La gran parte della popolazione riuscì a lasciare il villaggio, ma quelli che non riuscirono, divennero vittime delle atroci scorribande delle forze armate dell’Azerbaijan. Quando il giorno dopo le forze armate armene riuscirono a liberare il villaggio vi trovato numerosi cadaveri dei civili armeni orribilmente mutilati con sadica e gratuita ferocia.
Secondo diverse testimonianze, e dati rilevati sul campo, più di 57 civili rimasero uccisi a Maragha, e più di 60 furono presi in ostaggio, tra essi 9 bambini e 29 donne.
La Baronessa Caroline Cox, già vice portavoce della Camera dei Lord di Gran Bretagna, entrata insieme alle truppe di liberazione armene così descrisse quanto aveva visto a Maragha:
"Quello che abbiamo visto, sfida qualsiasi descrizione. Il villaggio era completamente distrutto. La gente seppelliva le vittime, o piuttosto quello che era possibile seppellire – parti dei cadaveri mutilati, bruciati vivi, fatti a pezzi e segati.
Una parte dei corpi erano stati seppelliti il giorno prima; per girarne un video li abbiamo disseppelliti, sebbene capissimo quanto era pesante per gli armeni. Quanto ripreso a Maragha durante quei giorni è la prova degli orrendi massacri compiuti lì - cadaveri decapitati e fatti a pezzi, cadaveri di bambini, parti dei corpi e sangue sul suolo dove erano stati segati. Abbiamo visto delle falci macchiate di sangue con le quali avevano commesso quel crimine genocidiario. Dopo aver ucciso gli abitanti, gli azeri avevano saccheggiato e bruciato il villaggio”.
Come a Sumgayit, Baku, Kirovabad e Maragha, così anche durante tutto il corso della guerra tra Azerbaijan e Artsakh (Nagorno-Karabakh), l'Azerbaijan ha continuato la politica di pulizia etnica contro gli armeni, la quale, secondo la nostra analisi, corrisponde interamente alla definizione giuridica del delitto di genocidio, data dall’Onu nel 1948 nella “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio”. Inoltre, oltre alla privazione della patria di centinaia di migliaia di armeni dell’Azerbaijan, le nostre indagini dimostrano che i loro diritti alla proprietà, alla libera circolazione e una serie di altri diritti continuano ad essere violati, e fino ad oggi molti subiscono le conseguenze fisiche, psicologiche e materiali di tale politica.
Ai crimini commessi non è stata data una valutazione giuridica adeguata ed essi sono difatti rimasti impuniti; anche l’attuale azione politica della Repubblica dell'Azerbaijan è frutto di un odio a lungo perpetrato contro gli armeni (armenofobia) al livello statale. Tra le vittime di tale sconcertante visione continuiamo a vedere non solo gli armeni dell’Azerbaijan e la popolazione della Repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh), ma anche tutti i rappresentanti della nazione armena e le minoranze etcniche che visitano l’Artsakh. Nel 2018 il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh, Ruben Melikyan, ha pubblicato una relazione speciale sulla politica armenofoba dell’Azerbaijan, presentando esempi concreti, accompagnati da un’analisi basata sul diritto internazionale.
Dallo studio si evince che un momento di particolarmente recrudescenza delle politiche di armenofobia nella società azera è stato registrato ad aprile 2016, nel corso dell’incursione su larga scala in Artsakh da parte dell’Azerbaijan. Melikyan ha raccolto una lunga serie testimonianze di stragi, sevizie, decapitazioni, mutilazione di militari e civili, violazioni dei diritti umani, e dei crimini di guerra.
Va notato che i militari azeri che hanno portato a termine crimini del genere sono stati, sempre successivamente, premiati e incentivati dalle autorità del loro paese.
Melikyan esorta, dunque, la comunità internazionale ad un’adeguata valutazione giuridica dei crimini contro l’umanità commessi nel mese di aprile 1992 a Maragha e ai crimini di guerra, in conformità alle norme e principi fondamentali del diritto internazionale, e ad intraprendere azioni concrete mirate alla cessazione della politica armenofoba che ancora oggi viene perpetrata in Azerbaijan. Quella via dell’odio razziale non solo contraddice i noti principi del diritto internazionale, ma conduce i due popoli ad un allontanamento sempre maggiore dalla risoluzione del conflitto e da una pace duratura.
monumento commemorativo a Nor Maragha |
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