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L’11 gennaio 2013 si inaugura a Bari un Kachkar, croce di pietra d’Armenia di Carlo Coppola

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Khatchkar
L’11 gennaio 2013 il Sindaco di Bari, Michele Emiliano insieme al responsabile della Comunità Armena di Bari Rupen Timurian, e all’Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia S. E. dott. Ruben Karapetyan, inaugurerà il Khachkar realizzato dallo scultore armeno Ashot Grigoryan, opera che giaceva incompiuta nel Portico dei Pellegrini della Basilica Nicolaiana da diversi anni.

La manifestazione avrà luogo alle ore 11:00, all’aperto, nello spazio antistante l’Autorità Portuale di Bari. La stele commemorativa armena sarà benedetta dal responsabile della Chiesa Apostolica Armena in Italia, Padre Tovma Khachatryan unitamente al parroco della Chiesa Apostolica Armena di Roma Padre Garnik Mkhitaryan.


Si proseguirà poi nella Sala Consiliare del Comune di Bari dove, alla presenza delle più alte autorità civili, ecclesiastiche e militari, il prof. Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia, terrà una prolusione sugli storici rapporti artistici e letterari tra Italia e Armenia. Nella stessa sede 
il prof. Carlo Coppola traccerà un profilo bio bibliografico del poeta Hrand Nazariantz.

Questo evento sarà dedicato alla memoria dell’intellettuale armeno Hrand Nazariantz fondatore, negli anni ’20 del XX secolo, della Comunità Armena “Nor Arax” di Bari, e di cui il 25 gennaio p.v. ricorrerà il 51 esimo anniversario della scomparsa.

Ma qual’è il significato di queste antiche pietre e come mai sono coì importanti per la cultura armena?

La parola significa viene dall’unione di due lemmi, croce e pietra, e corrisponde a quanto queste steli raffigurano. Secondo la maggior parte degli studiosi la simbologia incisa su queste pietre farebbe riferimento esclusivamente alla tradizione armena cristiana, secondo altri, invece, esse farebbero riferimento anche a culti pre-cristiani, legati allo sterminato pantheon armeno, fatto di divinità legate alla misteriorosofia luni/solare, energiche e rocciose come il territorio brullo e scosceso delle pendici del Massis, ovvero dell’Ararat, la montagna sacra su cui si vuole essersi fermata l’Arca di Noè dopo il Diluvio.
E’ però certo che tale simbolo si sia diffuso massimamente durante il Medioevo Armeno e in particolare durante il Regno Armeno di Cilicia (1078-1375) in contrapposizione alla forte identità musulmana degli stati confinanti.
Dopo secoli di abbandono, in cui l’arte del realizzare Khachkar si è andata quasi oscurando a vantaggio di influenze esterne, a partire dalla seconda metà del XX secolo i Khachkar hanno riacquisito un valore non più simbolico ma anche storico materiale. I morti armeni nelle marce forzate durante il genocidio avrebbero richiesto almeno una croce sopra di loro, questi spesso mancavano e i morti restavano sepolti da mano amiche e con poca terra. 

I Khachkar, pietre dure e solitarie con una essenziale rappresentazione grafica rappresentavano quindi una memoria ed un dolore non espiati ma che si portano dentro e restano pietre sul cuore.
Rupen Timurian, autorità riconosciuta della attuale Comunità Armena barese, ha recentemente ricordato come il popolo armeno sia “popolo della Croce”. Le croci di pietra sono dunque, il segno visibile della sua storia di dolore e di martirio. In ciascuna delle sue infinite pietre l’Armenia vede una Croce, riarsa dal sole, nuda eppure finemente istoriata, quasi ricamata, come simbolo di caparbietà ad esorcizzare tutto il male subito.

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