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Il placito Capuano... (Sao ke kelle terre...)


dedicato alla mia amica S. S.

Il Placito Capuano, risalente al 960 d.C. viene comunemente considerato l’atto di nascita dell’ italiano volgare.
 Fa parte di un gruppo di verbali processuali registrati tra il 960 e il 963 riguardanti delle controversie legate al possesso di alcune terre, tra l’abbazia di benedettina di Montecassino e il proprietario terriero Rodelgrimo d’Aquino.
Ciò che rende particolare questo documento è l’intenzionalità con cui viene usato il volgare.

La testimonianza a favore dei benedettini infatti non è registrata in latino volgarizzato o contenente errori rispetto alla norma, ma in una lingua nuova ed autonoma, che per la prima volta possiede la necessaria dignità per apparire in un documento. Ecco come si presenta la parte scritta in volgare all’interno del testo in latino:

 Sao ko kelle terre, 
per kelle fini que ki contene,
 trenta anni le possette
 parte sancti Benedicti

 
che può essere tradotto come:

 «So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent’anni le ha tenute in possesso l’amministrazione patrimoniale di San Benedetto»

da notare infine che gli unici due termini che hanno ancora una correttezza grammaticale e ortografica sono «Sancti Benedicti» ossia i due termini che si riferiscono all'attore della disputa che in questo caso è anche appartenente al mondo ecclesiastico.
Non saprei dire se nella fatti specie prevalesse il latino giuridico o ecclesiastico, ma certo è che «Sancti Benedicti» non è casuale ma dettato da una forma di rispetto verso l'istituzione religiosa che non avrebbe potuto essere citata in volgare.

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