Recensione a Tre poemi di Hrand Nazariantz
Հրանտ Նազարեանցի «Երեք բանաստեղծության» ակնարկ
[Questa recensione apparve nel numero di settembre del 1925 della rivista "I libri del giorno" anno VIII, Fascicolo 9, all'interno della rubrica "I libri di cui si parla"]
Tre poemi di HRAND NAZARIANTZ, tradotti dall'armeno da C. GIARDINI. In 16°, pp. 256. Milano, "Alpes" ed. , L. 15.
In appendice a questa sua versione Cesarino Giardini fornisce alcune notizie critiche di grande interesse sullo svolgimento della poesia armena dal secolo scorso ai giorni nostri, e sul Nazariantz in particolare. E questi un poeta già noto in Italia per altre versioni delle opere sue, ma ora i tre poemi presentati dal Giardini rivelano in modo più largo ed intenso i caratteri della sua lirica. Il merito è dovuto alla scelta dei poemi ed alla versione del Giardini, elegantissima ed armoniosa, si da sembrare, più che traduzione, ricreazione soggettiva. Essa è nel tempo stesso una versione fedele e coscienziosa, a cui aggiunge affidamento il fatto che il poeta armeno, buon conoscitore della nostra lingua, ha potuto rivedere la veste italiana delle sue liriche.
Queste poesie ci presentano però nel Nazariantz un poeta che forse ancóra cerca la sua via definitiva, e soffre per l'incontro della sua secolare tradizione d'Oriente con le inevitabili suggestioni occidentali. È questa, in altra forma, anche la crisi artistica di Tagore: i poeti d'Oriente mal sopportano l'incontro con i poeti nostri, e sopra tutto con.i simbolisti francesi. Avviene questo fatto singolare: poeti e filosofi occidentali (Baudelaire per esempio e Nietzsche) che hanno subito il fascino dell'Oriente, ora, a loro volta, conquistano gli orientali.
Si legga questo armeno:
Ma voi ve ne andate verso i cimiteri di febbre,
Il tempo vi vince!
Per proclamare la vostra divina collera di vivere,
curvando la vostra schiena dinanzi
ai mille sepolcreti dell'oriente,
nell'attesa della misteriosa e lontana
aurora della morte
voi, o cuori nomadi più profondi dell'inferno e del cielo....
Baudelaire (non si può negarlo) qui non è assente. Si legga ancora: "Noi siamo di là dal Bene e dal Male....» Quale poeta d'Oriente ha insegnato queste parole a Nietzsche? E il filosofo tedesco che rinasce nelle sue fonti, o è il poeta d'Oriente che ascolta voci straniere?
E un problema critico assai arduo; e involge grande parte della letteratura orientale contemporanea, dall'armeno Nazariantz all'indiano Tagore. Nè si può tacere che a volte il poeta armeno si abbandona all'armonia molle de' suoi canti più di quanto la misura dell'arte potrebbe richiedere: così, molti spunti lirici vivi, si dissolvono in atteggiamenti letterari, in cui le parole hanno il sopravvento su le imagini concrete e sulla vivente vita dell'anima.
Se però noi sfrondiamo il volume degli elementi più caduchi, ritroviamo talora accenti profondi e sinceri, in quel tono di dolore e di spiritualità, in cui si fa sentire la voce d'una stirpe che soffre eroicamente e combatte per non morire, contro tutte le più feroci e squallide barbarie. Per questo segnaliamo, tra le migliori, la lirica in memoria Omar Kayyam, sobria ed intensa.
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