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Eghisapet Sultanian, la fotografia di guerra e le donne armene resistenti





In molti conoscono ormai questa foto spesso usata, come simbolo di femminismo o di affermazione ideologica di Amore di Patria. Eppure la vicenda delle due donne con i fucili ritratte in questa foto prima di andare a combattere contro gli ottomani nel 1895 sembra avere più a che fare con la necessità di mantenere in vita la propria famiglia e i propri beni che da istanze ideologiche politiche o di affermazione di una identità statale. Di congetture a quasi cento 130 da quello scatto se ne possono fare tante e tante speculazioni ancora saranno avanzate. La storia dietro la famosa foto di due donne armene in posa con i loro fucili è complicata e ancora misteriosa. Si sa di certo solo che l'immagine è stata scattata nel 1895, durante i massacri di Hamidiani in cui furono assassinati migliaia di armeni nell'impero ottomano. 
La donna a sinistra è stata identificata come Eghisapet Sultanian, l'altra donna non è mai  identificata. Non è confermato neppure che fossero veri combattenti o che piuttosto si trattasse di una campagna di sensibilizzazione a favore della resistenza ai massacri. In realtà, c'è una nota sul retro dell'immagine originale che specifica "souvenir" che ha innescato una serie di riflessioni. Attraverso la lettura ardua e comparata di una serie di notizie e fonti parziali scritte e orali si può supporre che entrambe sia sopravvissute e alla fine si sono fatte strada negli Stati Uniti. Sfortunatamente, non ci sono  informazioni certe su di loro. Inoltre secondo gli studiosi di armi i fucili che mostrano le due donne non corrisponderebbero a nessun fucile di serie, mancando molti elementi delle armi usate in quegli anni. Ad esempio non c'è nessuna definizione per l'otturatore, le basi della tacca di mira sono più basse dei paramani e non mancano anche i mirini. Anche il revolver sembrerebbe essere un falso. Ciò sarebbe evidenziato anche dalle proporzioni delle armi e in particolare dalla guardia del grilletto. È più probabile che si trattasse di oggetti di scena fatti per posare nella cabina fotografica. Tuttavia, come ci dimostra la storia delle fotografia di guerra, il fatto che le armi fossero un elemento scenico per un photobooth non significherebbe che le due donne non fossero realmente anche combattenti incluse nella guerriglia. Oltre a ciò è anche possibile che si trattasse di armi realmente in uso, ma come si è detto non di serie ma fatte in casa e/o assemblate. 
C'è comunque una lunga tradizione di donne armene che presero le armeni per difendere le loro comunità, in particolare durante i massacri di Hamidiani e nel genocidio armeno. Quando le autorità ottomane arruolarono uomini armeni portandoli a morte quasi certa, infatti, le donne e bambini furono lasciati a se stessi. 
Tutti questi guerriglieri tra cui uomini, donne e anche giovanissimi, erano chiamati Fedayi, termine derivato dalla parola araba fedayeen che letteralmente significa “coloro che sacrificano”. 
La parola descrive perfettamente gli uomini e le donne civili che volontariamente lasciavano le loro famiglie e vissero in clandestinità per formare unità di autodifesa in risposta ai saccheggi e ai massacri anti-armeni per mano delle forze ottomane. I fedayees erano la vera spina dorsale della nazione armena poiché erano migliaia e guidavano il movimento nazionale. Queste unità volontarie furono determinanti durante i massacri Hamidiani (1894-1896), nella Resistenza di Sasun (1894), nella ribellione di Zeitun (1895–1896) e nelle spedizioni in difesa di Van e Khanasor (1897). A tali reparti volontari è attribuita una grande importanza almeno quanto quella avuta dai battaglioni che combatterono e vinsero portando alla nascita della Prima Repubblica d'Armenia nel 1918. I massacri iniziarono nell'interno dell'impero ottomano nel 1894, per poi diffondersi negli anni successivi. Tra il 1894 e il 1896 ebbe luogo la maggior parte delle stragi. I massacri iniziarono a diminuire nel 1897, in seguito alla condanna internazionale delle azioni compiute da Abdul Hamid. Si stima che le vittime variassero da 80.000 a 300.000 a cui si aggiunsero 50.000 bambini orfani. 
La notizia dei massacri armeni nell'impero fu ampiamente riportata in Europa e negli Stati Uniti e ottenne forti risposte dai governi di tutto il mondo, ma anche dalle organizzazioni umanitarie, dagli intellettuali e dalla stampa. 

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