Con il prosieguo dei negoziati tra Armenia e Azerbaijan a riguardo dell'effettiva normalizzazione della situazione di conflitto fra i due stati, sempre più questioni vengono tirate in ballo: anche quelle sopite o che in passato non erano state direttamente affrontate nel corso dei precedenti incontri. Si tratta di una serie di problemi di vitale importanza che entrambi gli stati che spesso sono state date per scontate ma che sono oggetto di tensioni e reciproche insoddisfazioni a tutti i livelli, proprio perché mai chiarite.
Al momento i due paesi si stanno preparando ad affrontare la questione riguardante il futuro delle reciproche exclavi, vestigia di quel "maledetto imbroglio", del "pasticciaccio brutto" del Caucaso Meridionale" disegnato con arte, e strumentalmente, di epoca sovietica.
Negli ultimi giorni la questione è tornata ad essere oggetto di manovre diplomatiche. Le due parti hanno ribadito le loro precedenti posizioni reciprocamente incompatibili sulla questione, mettendo in dubbio i tentativi di delimitazione dei confini fra i paesi proprio mentre si stava avviando un, apparentemente, "serio lavoro", auto definito "senza precondizioni ideologiche" da entrambe le parti.
Il 5 maggio, mentre discuteva pubblicamente per la prima volta del
nuovo quadro negoziale dell'Armenia, basato su 6 punti, ancora non del tutto noti all'opinione pubblica, il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale armeno,
Armen Grigoryan, ha sollevato per primo la questione delle
exclavi, come "stranezze" nella delimitazione dei confini tra Armenia e Azerbaijan, e ha ribadito questo problema dovrà essere risolto insieme alla questione più grande e spinosa dello
status del Nagorno-Karabakh, tornando a parlare dopo anni di Nagorno-Karabakh e non di Artsakh, forse per non creare posizioni preconcette a partire dal nome della regione.
Per l'Armenia non si tratta solo di una questione di politica estera ma anche di politica interna. "In generale, l'opposizione fa costantemente dichiarazioni infondate, che non hanno nulla a che fare con la realtà. La questione delle
exclavi non è stata sollevata finora, poiché c'è un'
exclave da entrambe le parti",
ha dichiarato Grigoryan ai giornalisti. "Nessuna delle parti ha, ancora, prospettato una soluzione su questo argomento, che non è stato ancora discusso in generale!"
La questione è diventata ancora più delicata perché l'Armenia aveva sintetizzato, già nei mesi scorsi, le sue posizioni sull'intera vicenda in una relazione di 6 punti, di cui si vocifera da tempo ma che in realtà non è stata resa ancora nota dai negoziatori. I sospetti e le illazioni sui contenuti di tale relazione in 6 punti hanno, peraltro, portato l'opposizione parlamentare ed extra parlamentare armena a scendere in piazza e ciò ha causato numerosi arresti.
Secondo Grigoryan, con i suoi 6 punti, l'Armenia ha proposto di risolvere il conflitto del Nagorno Karabakh per arrivare ad un accordo di pace globale.
"Al momento, il nostro approccio è che questi due pacchetti di proposte (ovvero i 5 punti proposti dall'Azerbaigian, e i 6 punti dell'Armenia), debbano essere combinati, e in base a queste questioni avviare negoziati su un accordo di pace, in modo che possiamo trovare una soluzione a lungo termine al conflitto del Nagorno-Karabakh". "È prioritario trovare una soluzione ai problemi di sicurezza, difesa e diritti dei nostri connazionali che vivono nell'area, secondo i quali deve essere definito lo status del Nagorno-Karabakh", ha concluso il capo dell'ufficio del Consiglio di sicurezza. Ultimamente si è tenuta una marcia di protesta a Tigranashen. Tigranashen, detta Karki dagli azeri, è una delle parti dell'Azerbaigian sovietico che si trovavano come isole all'interno dell'Armenia sovietica. C'era un'exclave corrispondente più grande dell'Armenia sovietica, Artvashen, in territorio nel territorio amministrativo dell'Azerbaijan situata all'interno dei confini dell'Azerbaigian sovietico e che gli azeri chiamano Bashkand. A seguito della guerra del Nagorno-Karabakh dei primi anni '90, ciascuna parte ha occupato le exclavi presenti nel proprio territorio e le rispettive popolazioni sono state costrette a riparare altrove, con la differenza che da parte azera è stata promossa la consueta pulizia etnica della popolazione armena.
Il punto di vista degli armeni e degli azeri sfollati dalle exclavi rispecchia più o meno quello dei loro governi: mentre molti armeni di Artvashen sono rassegnati a non tornare a casa, gli azeri ancora pretendono di tornare a vivere nei loro villaggi.
L'opposizione politica armena ha regolarmente accusato il governo, guidato dal 2018 da Nikol Pashinyan, di prepararsi a restituire le exclavi azere, che si trovano a cavallo della strategica autostrada nord-sud del paese, e, peraltro di non aver chiesto in cambio la restituzione delle proprie aree di pertinenza.
Se durante la nuova ondata di proteste - che l'opposizione ha lanciato contro i negoziati condotti dal governo - un evento chiave è stata la marcia Yerevan-Tigranashen, per contro, recentemente, Edmon Marukyan (ex capo politico del Partito Armenia Luminosa, nominato Ambasciatore ambassador-at-large) rispondendo ai commenti di Khalafov, vice ministro degli esteri azero, ha lanciato una nuova posizione contrattuale da parte armena.
Marukyan afferma, infatti, che l'Armenia ha basi più solide per dimostrare la fondatezza delle proprie pretese su Artvashen di quanto non non abbia l'Azerbaigian nelle sue exclavi in territorio armeno.
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