"Gli Italiani" di Pier Paolo Pasolini con traduzione in armeno su "Granish" a cura di Grigor Ghazaryan
In un momento di crisi mondiale come se non se ne vedevano ormai da 70 anni il messaggio di Pier Paolo Pasolini risulta di sconcertante attualità per tutti i popoli del mondo. Pier Paolo Pasolini non ci racconta - non declina - solo come eravamo o come siamo stati, ma ci dice fuori dai denti come siamo ancora oggi, senza mezze misure, senza metafore, senza infingimenti. È questa schiettezza irrevocabile lo ha condotto alla morte così violenta e crudele, umiliato, disprezzato e degradato anche nella sua stessa morte senechiana. Il suo aver rinunciato ai filtri, il parlare chiaro, dire educato ma sempre schietto, chiamando le cose che solo un poeta può dare, dovrebbe scavare le nostre coscienze. Ma ancora in pochi sono coloro che si sentono "scavati". Ancora oggi la maggior parte di noi si indigna dicendo a se stesso e agli altri: "Ma come si permette di giudicarmi uno che andava con i ragazzi a pagamento!". A costoro rispondiamo di non sentirsi assolti dal loro perbenismo borghese, e ipocrita che danneggia molto più la dignità collettiva e la propria dignità sociale.
Nel giorno centenario della nascita Pier Paolo Pasolini il prof. Grigor Ghazaryan ha tradotto una delle più intense poesie di Pasolini "Gli Italiani" accompagnandola con una breve introduzione che ne spiega il significato:
L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.
Իտալացիք
Խելքը կշռաքար չի լինի երբեք՝
հանրային կարծիքի նժարի համար։
Ո՛չ էլ հիշելով ճամբարն արնաներկ
կլսես մեր ազգի հոգիներից ստվար՝
մեկին, որ դատի արդար, վրդովված.
արդ անիրական են հույզ ու գաղափար –
դարեդար արդեն անհաղորդ դարձած
այս մարդիկ հանճարեղ մտքով մեղրածոր
ապրում են՝ երբեք չազատագրված։
Եվ ձայնել միայնակ, մանկան պես մոլոր՝
ցույց տալով դեմքս՝ վտիտ մի կերպար –
այլևս անիմաստ է. վախկոտն է սովոր
տեսնելու այլոց մահը հույժ ցավարար՝
հույժ անսովոր մի անտարբերությամբ։
Մեռնում եմ. և սա՛ էլ է ինձ վնասարար:
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