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"La compagnia del Melograno, romanzo di Piero Fabris, Radici Future edizioni": recensione di Chiara Curione


Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa recensione che molto affettuosamente la poetessa e narratrice Chiara Curione*, che ringraziamo, ha composto in affettuoso omaggio al volume "La compagnia del Melograno" di Piero Fabris.







Il romanzo La Compagnia del Melograno ruota attorno a un mistero che avvolge la vita di Hrand Nazariantz, il grande poeta e intellettuale armeno, che ha avuto parte attiva nella cultura e nell’arte nella prima metà del Novecento, ottenendo la cittadinanza italiana dopo l’esilio dalla sua patria.**
Nazariantz, che ha messo in luce la tragedia del popolo armeno, è stato un uomo dalla vita avventurosa, e le sue opere testimoniano in tutto la sua grandezza.
Seguendo il filo della trama, si ricerca un libro misteriosamente scomparso da qualsiasi biblioteca che avesse documenti inerenti al Nazariantz; alcune morti e incendi sospetti dietro la scomparsa di qualsiasi copia, oltre a casi strani che avvengono a chiunque tenti di ritrovare il testo, portano a conoscere fatti e personaggi che hanno fatto parte della vita del poeta soprattutto in Italia.
La bellezza della narrazione, che si snoda attraverso itinerari di diverse città italiane, da Venezia a Bari, percorsi che ricordano luoghi in cui gli armeni hanno lasciato le orme del loro passaggio, trova il fulcro nell’afflato poetico di Piero Fabris, non solo quando descrive questi luoghi, anche attraverso il ricordo dei versi dell’autore che vengono citati da alcuni personaggi.
Il testo, che assume le tinte di un thriller, ha come protagonisti Sophie, una giornalista, Biagio, un professore interessato alla cultura orientale, e Gregorio, un collega della giornalista, anche lui interessato alla cultura orientale.
Riaffiorano attraverso l’incontro con personaggi che hanno circondato il poeta cosmogonico Nazariantz tutta la vita e la cultura che animava soprattutto la città di Bari, e quanto egli sia stato importante per chiunque l'abbia conosciuto, per la sua umanità e per la sua semplicità, le quali contribuivano a dare maggior valore all’uomo di cultura.
Nazariantz, che era figura di punta dal simbolismo poetico, come giornalista e intellettuale ha avuto contatti con i più importanti esponenti della letteratura dell’epoca. Nato da una famiglia illustre ed educato nei migliori collegi di Costantinopoli e della Russia, dopo aver affrontato gli studi superiori a Londra e a Parigi, ritorna a Costantinopoli. Dopo il tracollo finanziario dell’azienda paterna e la sua l’opposizione alla politica anti armena dell’impero ottomano, giunge in Italia da esule, ottenendo la cittadinanza grazie al suo matrimonio con un’artista originaria di Casamassima. Conosciuto come il grande poeta cosmogonico e proposto da numerosi intellettuali per il Nobel per la letteratura, non ricevette l’ambito premio che andò a Winston Churchill.
La storia di questo poeta, che risente della tragedia armena, il genocidio di cui egli mostrò il dolore nella sua poetica, è singolare. Piero Fabris con questo romanzo ci conduce alla ricerca di una verità nascosta: cosa si cela realmente dietro quest’uomo? Quale fu la sua reale attività oltre a quella di intellettuale?
Vi consiglio di leggere questo libro, che come scrigno prezioso raccoglie informazioni e fatti rilevanti di un’epoca passata, sulle orme di un grande poeta, affinché non venga dimenticato.





*Chiara Curione (Bari 1962) è autrice di racconti e romanzi per ragazzi e collabora con il laboratorio di lettura della biblioteca di Gioia del Colle. Organizza laboratori di lettura e di scrittura per ragazzi e i suoi testi sono stati adottati nelle scuola per vari progetti lettura. Per approfondimenti sull'attività letteraria e sulla bibliografia di Chiara Curione rinviamo al sito https://www.chiaracurione.it/biografia/ 


** Precisiamo che Hrand Nazariantz, come scrive egli stesso in varie lettere, e come era risaputo da amici e parenti, non avrebbe mai accettato o richiesto la cittadinanza italiana se non vi fosse stato costretto alla fine della sua vita nel tentativo di ottenere una piccola pensione dallo Stato Italiano. Tali prebende erano allora concesse solo ai cittadini di nazionalità italiana e non agli apolidi o agli stranieri residenti sul territorio italiano.




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