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Hrand Nazariantz a 60 anni dalla morte un caso ancora aperto di Carlo Coppola




Ricorrono oggi 25 gennaio 2022 i 60 anni dalla morte del poeta Hrand Nazariantz. Il documento che attesta la data esatta è in possesso dell'Archivio del Centro Studi Hrand Nazariantz di Bari. Sul suo personaggio molti dati biografici sono ancora avvolti nell'incertezza e nel mistero. 
Eterodosso o fervente Credente Cristiano, fascista o antifascista, Apostolico Armeno o Cattolico Romano, tutte queste definizioni non bastano ad identificare la tempra, il carattere indomito, l'anima sognante spesso immersa in un necessario velo di malinconia, misto all'ansia e alle delusioni del vivere che diventano notti oscure dell'anima, che sa angosciarsi e risorgere, aggrappandosi, infine, ai piedi della piccola Madonna, Maria Vergine e Madre, alla Croce del Cristo, di Gesù di Nazareth. 
Tre strofe manzoniane sembrano scritte proprio per lui:

Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;

tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!

Bella Immortal! benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.

La sua grande anima aleggia sempre su quanti ne custodiscono la memoria. 
Vilipeso e oltraggiato in più tratti nella sua vita dalla maldicenza, come molti sanno, potè esporre nella rastrelliera degli intangibili cimeli il più nobile dei vessilli araldici, il vessillo che raffigura sorella Povertà. 
Ma chi lo oltraggiava, chi lo vituperava? La risposta è basata sulle considerazioni in primo luogo di un sempiterno, e mai troppo velato, razzismo, diffuso e settario, Nord-Sud. Il vituperio veniva da taluni milanesi, come avevano fatto a metà degli anni '10, prima di loro, taluni torinesi di tal "Comitato Pro Armenia". A Torino la diffamazione era arrivata a mezzo stampa sull'articolatissimo e ricco "foglio di caccia" dei filoarmeni, che riprendeva a sua volta una polemica puramente pettegola dovuta, giammai alla qualità dell'opera letteraria del nostro, ma solo ai contrasti tra il recensore e le personalità che sostenevano criticamente l'opera di Nazariantz: uno scontro all'ultimo tratto di penna tra critici. A Torino, infatti, di tutta l'ampia bibliografia composta sull'opera di Nazariantz si era tenuto conto solo di un articoletto diffamatorio contro di lui apparso sulla rivista "Shant" - alla quale peraltro lo stesso Nazariantz aveva collaborato. Si trattava di una recensione a firma di Ardashes Harutiunian (1873-1915) in cui il noto critico dell'epoca, attaccava senza ragione Nazariantz, dileggiandone la famiglia e gli amici a titolo puramente personale e, non avendo altre accuse da muovergli sul piano poetico, cercava di inficiarne gli aspetti somatici e psicologici, trasformando la recensione critica su di un'opera dedicata a Nazariantz, e non sua, in una serie di insulti occasionali, buttati lì, fuori contesto. 
Postiamo qui sotto la prima pagina di questo sciagurato scritto, che molto dolore diede al nostro per tutta la vita, affinché i soliti noti - ancora una volta lombardo-veneti - non ci dicano che ce lo siamo inventato, cercando di farci passare per pazzi, asini, o mitomani, o piuttosto dicendo pubblicamente che non hanno visto né sentito le nostre parole e i nostri scritti. 
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e sgradevoli persone - a cui approfittiamo ancora una volta per tutte per chiedere di cancellarci dalle loro rubriche - è del tutto e opportunamente voluto. 
Aggiungiamo per completezza di informazione che esso è riscontrabile nel n.11 dell'anno 1911 a pag. 177 della rivista "Shant". In realtà si tratta una lunga tirata che coinvolgeva in modo particolare Yenovk Armen, amico di Nazariantz e, autore di un tentativo critico ostacolato da saccenti tromboni e ben pensanti della comunità armena istambulita. Armen attraverso la sua ricognizione critico letteraria suddivisa in brevi monografie, intitolata "I nuovi poeti Armeni" e pubblicata dai fratelli Der-Nersesian qualche mese prima, provava a dimostrare le ragioni della nuova poesia Armena segnalando come "i nuovi poeti" - tra cui appunto Hrand Nazariantz - cercassero varie strade per il rinnovamento del canone estetico interno alla comunità armena di Costantinopoli e quindi alla letteratura armena in generale, alla luce dei modelli europei e asiatici, più che di quelli in lingua armena classica sentiti come ormai stantii (Ենովք Արմէն, Հայ նոր բանաստեղծները։ Ա. Հրանտ Նազարեանց, Կ. Պոլիս, Տպագր. Վ. եւ Հ. Տէր-Ներսէսեան, 1911).


Alcuni benpensanti avevano - e hanno a 60 anni dalla morte - in personale antipatia Nazariantz, perché non era del loro giro, perché per varie ragioni aveva deciso di permanere al Sud, "e allora dalli: nei loro circoletti di pettegoli e di donne impellicciate - anche noi abbiamo negli armadi visoni e volpi con colbacchi di pelliccia ma non li ostentiamo - i sentenzianti censori gli schizzavano contro gratuiti sputi, tanto da parere dei lama inviperiti, o dei gechi (parafrasi da C.E. Gadda)". Tale scialorrea, o esacerbato ptialismo compulsante, non è stata mai persa invero da molti fino ad oggi: un misto di razzismo, pressappochismo, menefreghismo , a cui si aggiungono invenzioni di sana pianta di infamanti accuse del tutto gratuite e che celano un bisogno di occupar giornate non avendo di meglio da fare che infangare la reputazione a poeti, intellettuali, scrittori, lettori e imprenditori che abitano sotto il bernoccolo del bel Sole d'Italia ("Caina attende chi a vita ci spense" cit. Dante Alighieri)
Del dolore per quella deformazione paranoica della realtà parlava lo stesso Nazariantz nella sua poesia dal titolo "L'umile Preghiera":

Oh mia piccola Madonna, o mia signora di Grazie, 
accordami la felicità di amare, 
la nostalgica felicità di amar gli uomini 
e, se ancor possibile, di credere in essi… 
O Tu, Sorriso ineffabile, o Tu, silenziosa Speranza, 
insegnami l'Amore in mezzo alle innumeri onte, 
l'arcano Amore, rassegnato al cospetto delle vili calunnie,
l'Amor che troneggia supremo
sugli altari 
dei templi secolari 
dove agonizza ancora il Figliuol di Maria...

L'unico allora che a quelle latitudini, pianse Hrand Nazariantz post mortem, fu un medico, poeta anche lui, e persona sensibile, Aramais Sirabian (Արամայիս Սրապեան) che salvò molta dell'opera di Nazariantz il quale a sua volta a quegli armeni milanesi continuava a voler bene ("ma tanto tanto bene" cit. Quartetto Cetra) così tanto da desiderare di donar loro e al loro Comitato il suo intero patrimonio intellettuale e qualche oggetto seppure assai misero, tra i pochi che possedeva. Non sappiamo come siano andate effettivamente le cose e se il dott. Sirabian per poterli prendere con sé abbia dato un indennizzo economico alla vedova Maria Lucarelli. Quasi certamente fu lui a pagare, oltre che a dettare, la prima lapide mortuaria del poeta. Ne parla egli stesso in un elogio funebre apparso sulla rivista "Nayri" di Beirut nel numero 45 dell'11 marzo 1962, a pochi mesi di tempo dalla morte di Nazariantz. Anche di questo inseriamo una fotografia come prova. Quest'ultimo testo lo abbiamo recuperato anni fa grazie alle indicazioni orali di due amici: il prof. Yervand Ter-Khachatryan dell'Università Statale di Yerevan e alla collaborazione di Minas Louriandirettore del Centro Studi e Documentazione Armena, ed ex Presidente dell'Unione degli Armeni d'Italia. Lo legga il nostro lettore - conoscitore meglio di noi della lingua armena - e si commuova con noi nella lettura, mentre meditando questo scritto torniamo ad onorare la memoria di Hrand Nazariantz e perseveriamo nel cercare di tirar via il fango che è stato gettato sulla nostra faccia da quei benpensanti che un secolo fa mortificavano Hrand Nazariantz e che da anni tolgono la pace a noi, suoi eredi spirituali. 
Solo ora dopo questo mio necessario tributo alla Verità e a Hrand Nazariantz possiamo dar il via alle commemorazioni per i 60 anni dalla morte del poeta.
Ringrazio infine gli eredi del giornalista e poeta Potito Giorgio, grande amico di Hrand Nazariantz e direttore della rivista "Graalismo" con lui co-diretta,  per la concessione dell'immagine fotografica con dedica al loro caro papà datata 1952. 



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