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La causa Armena di Enrico Cardile da “Il Resto del Carlino” 1939


Enrico Cardile (1884-1951)


L’Italia [...] guarda con simpatia verso la grande e derelitta Armenia. A Roma è apparsa “HIM” una collana di studi e monografie diretta da Lauro Mainardi, nella quale si riseppe la “Historia Imperii Mediterranei”. Il quinto numero di tale collana riguarda l’Armenia, ponte tra Occidente e Oriente.
Un’importantissima pubblicazione, nelle stesse edizioni, è quella che s’intitola “Armeni Ariani” (Armeniertum Ariertum), che reca una prefazione di Carlo Barduzzi. È una traduzione dal tedesco, contributo alla conoscenza della razza e delle caratteristiche del popolo armeno, che si è creduto opportuno divulgare anche in Italia, in considerazione del fatto che l’Italia ospita uno dei principali centri della cultura armeno - il Monastero Mechitarista di Venezia - e che nel territorio metropolitano, nelle colonie e nell’Impero vivono fiorenti e fedeli comunità di armeni. In Germania, anche ufficialmente con un decreto del 3 giugno 1933, venne deciso che gli Armeni debbano considerarsi ariani, anche agli effetti della legge per il ristabilimento della burocrazia di carriera.
Il saggio anzidetto contiene scritti del dr. Hans Heinrich Schaeder dell’Università di Berlino, del dott. Johann von Leers, del dr. Artashes Abeghiandel parroco Gerhard Klinge, del dr. Karl Roth di Monaco, del Consigliere ecclesiastico Ewald Stier, del dr. Josef Stzygowski dell’Università di Vienna, di Massimiliano duca di Sassonia professore all’Università di Friburgo ecc. ecc. Come si vede, riunisce nomi assai noti e quotati nel campo della cultura tedesca, ed i problemi sottoposti ad esame, e approfonditi in questo volume, costituiscono nel loro complesso a un’erudita e formidabile veduta d’insieme che non può essere trascurata da coloro che guardano con interesse verso l’Oriente.
Tutto ciò ridesta al nostro pensiero qualche decennio di passioni e di battagli. Alludo al tempo in cui, con Gian Pietro Lucini e Hrand Nazariantz, s’invocava in Italia, la libertà del popolo armeno, seviziato, martorizzato e disperso dalla brutalità dei turchi, e più specialmente delle loro masnade guerriere: i Kurdi. La nostra azione tendeva a richiamare l’attenzione dei governi civili, e si fregiava, a quell’epoca, del motto dell’unico uomo di stato veramente grande che abbia avuto l’Inghilterra, Gladstone: “Chi difende l’Armenia, difende la causa della Civiltà”. Però è risaputo che l’Inghilterra difende le cause della Civiltà, in quanto tale difesa può procacciarle materiale beneficio, e quindi, malgrado il motto del Gladstone, la causa armena è stata, anche dall’Inghilterra, dimenticata.
Ma il movimento, pro Armenia è stato mantenuto, in un altro tempo, vivo in Italia, specialmente, mercé l’opera infaticabile del grande pioniere di libertà e poeta cosmogonia Hrand Nazariantz, fondatore del villaggio armeno pugliese di Nor Arax. Noi che siamo stati al suo fianco per la causa del suo popolo oppresso e abbiamo inoltre divulgato, in precise traduzioni, il di lui profondo pensiero, rievochiamo con vero entusiasmo le ore di passione e di esaltazione trascorse nel sacrario dei ricordi di Nor Arax, cui vigila la materna ammonizione, con le parole del distacco: “Tornerai, figliolo, quando la patria sarà libera e sarà una!”. E il figliolo, ha promesso e il figliolo manterrà. La immagine della Madre, dolorosa e coraggiosa, non abbandona l’Esule, che canta dall’esilio, guardando verso la Patria... Giorno verrà.
Dopo la grande guerra che ha perpetuate ed aggravate le preesistenti ingiustizie storiche, gli armeni sono rimasti dispersi o soggetti a diverse nazioni, e i loro gruppi maggiori ora agonizzano sotto il giogo turco e sovietico. Notizie sulla loro loro attuale situazione ha prospettato di recente un scritto italiano nella quinta puntata di “HIM”. Ci sembra interessante riferirne qualche brano: “L’Armenia è attualmente una delle undici repubbliche che costituiscono l’Unione Sovietica: ma altri territori fanno parte dell’Azerbaidjan, della repubblica georgiana ecc. ecc. Caratteristica del popolo armeno è la sua passione per ogni manifestazione culturale e scientifica. L’Armenia occupa nell’Unione Sovietica il primo posto nella organizzazione scolastica e scientifico sanitaria. Inoltre lo spirito civilizzatore e costruttivo del popolo armeno ha arricchito il paese di officine elettriche, di canali e di fabbriche. Il territorio armeno ha integrato la sua fisionomia agricola con una larga attrezzatura industriale. E così, a prescindere dal cotone, frutta e frumento che costituiscono la ricchezza nazionale del paese, diversi stabilimenti produco merci di portata mondiale. Citiamo la fabbrica di tessuti di Leninagan, quella di gomma sintetica, e la fabbrica di cognac ‘Ararat’. Ancora: gli oleifici, le minierei rame che forniscono il 27 per cento della produzione totale della U.R.S.S., le cave di tufo e quelle di marmo, che i competenti paragonano a quello di Carrara, e infine, le acque minerali”.
Dopo aver riferito queste ed altre importanti notizie, giustamente, l’articolista di “HIM” si domanda: se l'antichissima civiltà armena continua a svilupparsi con tanta forza a dispetto delle coercizioni sovietiche, cosa potrebbe fare il popolo armeno posto in una situazione pari a quella di ogni popolo libero? [...]
Una diversa letterale, per quanto non meno solida, sintesi di considerazioni a turisti che espone il dr. Karl Roth nel suo saggio sulla conoscenza del popolo armeno. Se si vuole esprimere un giudizio vero e giusto sul conto degli armeni, egli dice, dobbiamo conoscere anzitutto la loro storia. Per giungere a questo punto non si deve certamente ricavare le proprie nozioni dalle enciclopedie; è necessario addentrarsi nella letteratura del popolo. Allora ci si può convincere che quello armeno fu un popolo valoroso, guerriero, che in lotte eroiche come quelle di Vardan, durate per secoli, combatté per la propria fede e stirpe, diede imperatori celebri all’impero bizantino, e si è mantenuto fino ad oggi, a prezzo di sangue e dolore, un popolo che dovrebbe incontrare maggior comprensione di quella che gli si concede. Nella sua storia, che è dominata dalla posizione del paese e dalla composizione etnica del popolo, è da ricercare tutta la sua sventura: preso sempre fra potenze nemiche ed avide, sospinto ora da un lato ora dall’altro, sempre tradito, o messo in condizioni da non poter fare una politica propria, verso la meta prestabilita. L’accusa di mancanza d’intraprendenza a questo popolo è ingiusta, e ove sia fondata, essa è il prodotto del gioco opprimente, impostogli per secoli, da seldsciuchi, mongoli, turchi, e persiani.
Le incursioni di Seldsciuchi e Mongoli, con le loro orribili devastazioni, dopo la distruzione della vecchia città reale di Anì, diedero la prima spinta ad emigrazione in massa; sotto la dominazione turca e persiana furono ripetuti orrendi massacri, a rompere lo spirito di resistenza degli armeni e spingere nuovamente grandi masse di popolo a fuggire dal paese. Chi desidera sapere quanto affetto abbia l’armeno per il proprio paese, come ricordi i suoi monti e i suoi fiumi, non ha che da dare uno sguardo alla poesia armena. L’esule guarda sempre verso la sua patria, laggiù ove scorre il decantato Araxes, ove l’Ararat nevoso eleva la sua punta verso il cielo, una patria nella quale egli stette dai tempi antichissimi, e dalla quale è costretto a stare lontano, anche ora, perché la volontà dei più forti gli ha ristretto i confini sino a rendergli la vita impossibile.
Sentite l’amarezza dell’esilio nei versi di uno dei più possenti cantori della secolare tragedia di questo popolo Hrand Nazariantz:
"Pioggia, di sera, sulla strada antica batte, sui vetri e batte dentro il cuore; triste, o fratello, è triste assai il ritorno nell’Ombra, sulla strada dell’esilio."
[...] Non è ammissibile che lo strazio secolare dell'infelice Armenia si perpetui, ora, ancora, sotto il giogo dei più nefasti e barbari oppressori. E ovvio rilevare che le simpatie dell'Italia [...] non possono essere che per la nobile Armenia contro la tirannia sovietica e turca. Tra i conti da liquidare, e tuttavia aperto, per i più alti motivi di civiltà e giustizia, vi è quello del popolo armeno.
Oggi, come ieri, è inutile bussare alle porte delle cosiddette nazioni democratiche: e ciò hanno ben compreso i pionieri della libera Armenia: [...] e l'ora della rendimento non sembra lontana.
Nel 1913 (ricordi Nazariantz?) eravamo tre, in Italia, a tutto disposti per la divulgazione della consacrazione della grande Causa Armena, ed avevamo poco più di vent’anni, ora il gruppetto è diventato legione, ma quello che più c’induce a sperare nella storia e nella possibilità che tale regione venga preceduta da un [...] segno di sicuro adempimento sul fatale cammino della giustizia e della civiltà.


Enrico Cardile
da “Il Resto del Carlino” 27 luglio 1939 

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