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La triste ed eroica vicenda dei 13 martiri di Arad: due avevano origini armene



La vicenda dei Martiri d'Arad è oggi poco nota fuori dall'Ungheria ma quando l'Asburgico - sempre boia - entrò in azione il tragico 6 ottobre 1849 nella fortezza di Arad, allora parte integrante del Regno d'Ungheria la notizia destò molto scalpore in tutto il mondo. Ciò accadde in seguito alla rivoluzione ungherese del 1848-1849, la stessa che portò alla ribalta sulla scena internazionale per la prima volta il nome del conte Gyula Andrássy, che i ben informati vollero amante dell'Imperatrice Elisabetta d'Asburgo (Sissi di Wittelsbach) e la riproposizione dei pettegolezzi su chi fosse il vero padre dell'imperatore Franz Joseph.
I martiri d'Arad furono 13 generali dell'esercito ungherese che avevano fatto servito nella gli interessi nazionali al seguito di Lajos Kossuth e chiedevano un governo parlamentare per l'Ungheria, e costituzionale per dell'impero asburgico. Qualche tempo dopo Kossuth lasciò a Artúr Görgey il comando dello stato ma questi per risposta si accordò con l'esercito russo il quale cedette l'esercito ungherese agli Asburgo. 
I 13 generali dell'esercito ungherese furono condannati ad essere giustiziati per impiccagione, pena molto umiliante e riservata ai malfattori di basso rango. L'esecuzione fu ordinata dal generale austriaco Haynau, noto anche come "la iena di Brescia", per la sua efferatezza nella repressione dei moti bresciani del 1848. 
Ma qui iniziano anche i distinguo, infatti i 13 generali non erano tutti generali, non erano tutti di ungherese e non furono nemmeno tutti impiccati. 
A quattro di loro (József Schweidel, Ernő Kiss, Arisztid Dessewffy e Vilmos Lázár) toccò la fucilazione, più degna del loro rango, ciò avvenne con molta probabilità per intercessione del Principe di Lussemburgo. 
Non erano tutti generali, infatti, di loro, Vilmos Lázár aveva ottenuto solo il grado di colonnello, ma come comandante di corpo dell'armata durante la Guerra di Indipendenza, la corte marziale lo trattò alla stessa stregua dei generali. In ogni caso nella ritrattistica Risorgimentale ungherese sulla sua spalla sinistra è posta una fascia che lo distingue dagli altri. 
Etnicamente quasi nessuno dei martiri per la liberà uccisi a Arad aveva solo origini ungheresi. Come in qualsiasi impero che si rispetti la provenienza etnica era varia, abbondavano quarti d'origine serba, croata, tedesca e due del gruppo avevano origine armena secondo lo storico Gábor Bóna. I due di cui si traccia le origini armene furono il tenente generale Ernő Kiss nato il 13 giugno 1799 a Temesvár e Vilmos Lázár


il Tenente Generale Erno Kiss

Erno Kiss ovvero Erne Ogostinosi Kishyan proveniva da famiglia benestante di militari che avevano ricevuto proprietà terriere e titoli per alti meriti di servizio. Raccontano gli storici che la sua condanna fu commutata alla fucilazione proprio per quegli alti meriti personali e familiari che gli imposero di non aizzare le sue truppe all'appropinquarsi dell'esercito imperiale. Fu quindi graziato con la condanna a morte per fucilazione e quando al primo fuoco fu colpito alla spalla, immediatamente ordinò egli stesso al plotone di esecuzione di sparare una seconda volta. Il gruppo di fuoco rimase perplesso, e continuò a sparare malamente tanto che lo si dovette colpire a distanza molto ravvicinata per evitargli una più penosa e inutile agonia. Successivamente il suo attendente lo seppellì clandestinamente e sotto pseudonimo nel locale cimitero di Arad, affinché gli fosse evitata la gogna post mortem di una tomba senza nome, come pretendeva la legge del boia imperiale.


il Colonnello Vilmos Lázár

Vilmos Lázár ovvero Vilmosh Hovhannesi Ghazaryan (o Lazaryan) era nato il 24 ottobre 1817 Nagybecskerek - l'attuale Zrenjanin, in Serbia - in una nobile famiglia armeno-ungherese, Lázár iniziò la sua carriera militare nel 1834, quando entrò al servizio del 34° reparto di fanteria dell'esercito imperiale. Fu nominato tenente nel 1° reggimento ussaro dell'imperatore Ferdinando, ma nel 1844 lasciò la carriera militare per ritirarsi con la moglie, la baronessa Mary Revitzky, a Zemplén. Dal 1847 fu capo tesoriere della compagnia ferroviaria. La sua condanna fu commutata in fucilazione "per grazia" avendo deposto le armi in segno di resa, all'approssimarsi dell'esercito imperiale. Le sue spoglie furono identificate solo nel 1932 nel cimitero di Arad.