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Intervista a Rima Demirchyan, moglie di Karen Demirchyan (parte prima)

Rima Demirchyan (Karapetyan) e la nuora Tamara Demirchyan (Sirunyants)
con il prof. Carlo Coppola - Presidente del Centro Studi "Hrand Nazariantz"


Il giorno 15 agosto 2019 abbiamo fatto visita alla signora Rima Demirchyan nel Museo dedicato alla memoria del marito dove è anche custodito un ricco archivio politico e familiare. 
Quanto è contenuto nel Museo Karen Demichyan - ci dice la signora Rima - rappresenta il punto più alto di sviluppo dell'Armenia, la fase storica qui rappresenta è la più importate dell'Armenia perché non siamo mai arrivati ad un tale punto di sviluppo come quello raggiunto in quegli anni.
Ora lo capiscono benissimo, anche prima capivano - ma adesso meglio - allora avevamo una repubblica potente con industria, agricoltura, arte e tanto entusiasmo nella progettazione e costruzione delle grandi opere. Come lei sa - si rivolge a noi la signora Rima - in quell'epoca c'era un fiorire di tante costruzioni. A partire dagli anni '60 fino al decollo della Repubblica, senza Karen Demirchyan non ci sarebbero state tutte queste grandi innovazioni, dapprima partecipava come segretario ordinario poi come organizzatore e ideatore. 
Le chiediamo il permesso di porle alcune domande, volendo approfittare della specialissima occasione di incontro e lei con molta gentilezza e modestia ci dice che risponderà volentieri alle nostre curiosità.

Signora Rima, nel suo libro di “Memorie” pubblicato nel 2012 lei afferma di non essere mai stata una First Lady ma solo la moglie del Primo Segretario, e che questo è stato per lei molto impegnativo.

Io non accetto il concetto di First Lady, cosa significa Prima Donna? Dentro questa affermazione vi devono essere dei valori, dei concetti. Inoltre ai miei tempi quest'idea non esisteva, dicevano semplicemente "la moglie del Primo Segretario", la cosa più importante era la responsabilità. A quei tempi tutte le mogli dei Capi dello Stato non erano così attive, occupavano un ruolo di secondo piano. Una attività pubblica di grande visibilità non sarebbe piaciuta neppure ad Alto livello. Voglio essere molto franca e sincera, anche la mentalità del nostro popolo non l'avrebbe visto di buon occhio. Prima di questo momento storico noi non eravamo abituati a questa cosa, a maggior ragione a quei tempi non sarebbe stata accettata una donna molto attiva. Io oltre ai sentimenti personali verso Karen Seropic, lo rispettavo come personalità e come uno  politico straordinario. Aggiungiamo pure che dalla natura era dotato di tutto quello doveva godere la vita. Non si può descrivere: era intelligente, bello, con umorismo. Dappertutto dove andavamo era il primo "Tamada" (colui che intona un brindisi), in ogni comitiva di amici lui era al centro dell'attenzione di tutti. Quando ha iniziato a svolgere l'attività di Partito, invece è diventato molto riservato e modesto, scegliendo uno vita ascetica. Lui credeva fermamente di dover essere un esempio per il suo popolo. L'unica soddisfazione erano per lui la musica, l'arte. Sia nei momenti belli che brutti, allegri o tragici della vita lui manteneva due caratteristiche: il suo umorismo, che non perdeva mai, e l'Amore verso l'arte, soprattutto per la musica. Per concludere la risposta alla sua domanda, io ero molto cauta soprattutto all'inizio, perché non volevo che si parlasse di me. La gente doveva sapere che ero una donna riservata accanto a suo marito. Negli ultimi anni nell'università dove io insegnavo, mi hanno obbligato ad assumere il ruolo di capo del consiglio e così ho moltiplicato i miei sforzi, forse ho fatto anche troppo da un certo punto in poi, potendo fare ciò che nessuna donna aveva fatto in precedenza. Ho inaugurato musei anche se i tempi non erano ancora maturi per l'organizzazione in prima persona ma solo per la partecipazioni, ciononostante ho aiutato e collaborato alle iniziative. Ad esempio nel caso del Museo di Paradjanov. Come lei sa a quei tempi Paradjanov non era visto di buon occhio, per le sue peculiarità che tutti conosciamo, soprattutto ai livelli più alti non era molto apprezzato, e allora sono stata io che ho sottoposto la questione a mio marito, arrivando anche a destinare un edificio al museo Paradjanov. Non è stato facile, anzi è stato un passo coraggioso destinare l'edificio al suo museo. Ho collaborato all'apertura del Museo di Kochar, ma anche in quella fase facevo tutto con grande cautela, senza rumore, senza media e con discrezione. Le inaugurazioni degli eventi le facevano tra di noi. A volte anche i miei colleghi si offendevano perché mi sollecitavano a prendere parte o organizzare iniziative pubbliche ma io mi trovavo in posizione di dover rifiutare dicendo che la mia presenza avrebbe finito per diventare un ostacolo e non un vantaggio alla visibilità dell'opera in questione. Oggi quelle attività sarebbero ben viste, come una sorta di opere di promozione o beneficenza e verrebbero apprezzate in un'altra maniera. Nonostante io abbia fatto tante cose, della maggior parte di queste non si sa nulla. Karen scherzava molto su questi aspetti: "Se una donna non crea ostacoli questo è già un grande aiuto", quindi io facevo mio questo concetto "aiutare senza ostacolare".

Signora, mi tolga una curiosità ma lei era gelosa di suo marito, un uomo così saggio, così affascinante, divertente, e con tante ottime qualità personali?

Certo che ero gelosa, ma non certo come lo davo a vedere, non lo esternavo. In realtà eravamo molto fedeli l'uno all'altro. Non avremmo mai pensato di passare la vita con un'altra persona, non lo avremmo mai avuto in mente. Eravamo molto sicuri e in definitiva le ragioni che conducono alla gelosia erano, tra noi, inesistenti tra noi. Quando andava qualche donna da lui, lui puntualmente me lo raccontava e mi parlava della visita di questa persona. Si sedeva, guardava verso di me, e poi mi diceva che aveva l'età di mia madre, aveva 50 anni. Quindi quando io ho compiuto 50 anni, io mi sono detta "Io oggi sono soprattutto felice perché ho compiuto proprio l'età delle donne che preferisce mio marito". Ad ogni buon conto, nella nostra casa c'era sempre un grande senso dell'umorismo e ci si faceva tanti scherzi. Finché lui è morto noi tutti eravamo molto allegri, l'atmosfera era sempre luminosa e vivace, piena di vita. Lui amava molto la vita.

Se non sono troppo indiscreto, me lo può raccontare il vostro primo incontro? 

Noi ci conoscevamo da lontano, lui abitava dove abitava anche una mia cara amica, quindi di vista ci vedevamo, però ci siamo conosciuti all'università. Quando io sono entrata a frequentare il primo anno lui era al terzo anno, così per circa un anno ci guardati meglio, ma egualmente non parlavamo. Lui era un ragazzo molto di spicco, e proprio per questo suo essere in vista pubblicamente nel privato era molto cauto, io ero molto orgogliosa e fiera e nessuno di noi quindi voleva fare il primo passo. Poi lui è diventato il presidente dell'associazione studentesca, io sono stata inclusa nei lavori di questo gruppo e in quel contesto abbiamo approfondito la nostra conoscenza.


Come ha vissuto gli anni dal 1959 al 1961 quando suo marito è stato a studiare a Russia nell’Alta Scuola di formazione del partito a Mosca? Sentivate molto la distanza e la mancanza reciproca?

Certo, avvertivamo il problema. Ma i figli erano piccoli e la mia attenzione era soprattutto verso di loro e questo mi aiutava. Poi i suoi genitori mi davano una grande mano di aiuto. Sono andata da lui due volte, la prima volta da sola. Lui aveva già un programma stabilito per tutti i 15 giorni della mia permanenza. Non voleva perdere neanche un minuto, cercava di ottimizzare il tempo. Con i suoi amici aveva creato un'associazione dove mettevano una parte dei loro stipendi per poter acquistare i biglietti per andare a teatro, a cinema, nei musei e svolgere altre attività formative. Lui spronava anche gli altri ad approfittare di queste occasioni e diceva loro "Voi non avrete più una simile possibilità". Infatti in quei tempi era impossibile trovare a Mosca i biglietti dei teatri e gli studenti dell'Alta Formazione avevano il diritto di trovarli acquistarli. Quindi lui comprendeva l'unicità di questa possibilità. Anche per me in quei 15 giorni lui aveva creato un programma molto serrato. La seconda volta, invece, io sono partita con i nostri figli quando lui faceva i suoi esami statali. Era molto difficile perché vivevamo in una piccola stanzetta della foresteria del campus, ma stavamo tutti insieme e questo era l'importante. Tutto ciò è rimasto nella mia memoria come un ricordo buona, come una cosa buona.

Alla luce di quello che mi sta raccontando, sarei curioso di sapere quando ha compreso il potenziale politico di suo marito?

Sappia (inizia con il suo garbo, non affettato, la signora Demirchyan) che lui non fosse una personalità ordinaria, forse, mi era chiaro molto prima, e questo concetto era stato sempre evidente, ma per me questo non era importante. Per me lui era buono come persona, come marito, come padre per i nostri figli, come uomo. Per me era buono in ogni contesto. Le sue qualità le ho capite sin da subito, le sue qualità pubbliche, forse, da quando lavorava come tecnologo della fabbrica. Già in quel momento lui era un leader, aveva il carisma di un leader, poi pian piano è venuto fuori questo suo aspetto anche nel Soviet di Fabbrica. Però sopratutto devo dire che cercavo di essergli vicina in ogni suo sforzo. Io ero felice e triste con lui sempre per le sue cose. Però nella politica io non ci sono mai voluta entrare. Solo quando è morto ho iniziato a comprendere davvero il calibro politico, solo attraverso lo studio del suo archivio ho conosciuto veramente la sua attività dopo la sua morte. In questi 20 anni non c'è mai stato un mese in cui io non abbia saputo una cosa nuova, ancora oggi acquisiamo nuove conoscenze. Solo oggi ho un'immagine completa del Karen Demirchyan politico. Forse nel mio libro non è stato possibile restituire questa immagine. Adesso con certezza posso dire che egli è stato il primo riformatore sotto tanti aspetti, ma siccome questo accadeva in una piccola repubblica che era una parte dell'URSS, lui non aveva il diritto di attuare queste cose. Per questo non pronunciava questa parola "Riforma". Lui diceva che bisogna "Lavorare bene", "Lavorare con efficenza", e per questo non ha mai accetto la parola "Perestroika" di Gorbaciov. Io ho letto le sue carte e ho compreso i nostri successi in quei tempi. Mentre l'Armenia si sviluppava, in Russia e in tante altre repubbliche la situazione era totalmente diversa. Lì vi era la stagnazione, mentre noi abbiamo mai avuto la stagnazione. Questa storia è molto lunga. Posso dire solo che anche se lui è vissuto fisicamente nel XX secolo, con i suoi lavori, con le sue idee, con i suoi concetti, in realtà egli era già pienamente nel XXI secolo.

La stagione del trionfo personale di Karen Demirchyan iniziò il 1° novembre 1971 con l’elezione a secondo segretario del comitato del partito a Yerevan. È cambiato qualcosa nella vostra vita familiare in quel momento?

(La signora Rima, ci pensa un istante, tira un sospiro, come se quel pensiero non le facesse particolarmente piacere. È solo un attimo) 

Si qualcosa è cambiato, proprio in quel momento ho iniziato a comprendere che il potere è una grande responsabilità e anche un peso nello stesso momento. Quando Karen Seropic ha avuto questo incarico c'erano moltissimi proprietari che volevano avvicinarsi a lui, perché lui aveva nelle mani tutti i campi dell'economia tranne l'agricoltura. Questo era un peso anche per la famiglia, infatti pian piano quando ha iniziato ad avere incarichi più alti, si è stretto totalmente nel cerchio dei nostri amici e familiari.

Il 24 aprile 1975 Karen Demirchyan riuscì ad ottenere l’impensabile risultato di commemorare per la prima volta nell’Armenia Sovietica il Genocidio Armeno. Lei ha qualche ricordo di quell’evento e di come suo marito riuscì a prepararlo?

Lui è stato il primo a fare questa attività per il riconoscimento del Genocidio Armeno. Ora nessuno ricorda questo avvenimento. Bisogna ricordare anche lo spirito con cui egli fece questo. Cito le sue parole: "Fare una cosa quando è vietata del tutto". Oggi questo a noi sembra normale. Ma in quel momento non si poteva assolutamente. Nessuno sapeva con esattezza cosa stesse facendo, una volta alla settimana lui partiva per Mosca, ogni volta lui andava sempre dal Segretario, spiegava, parlava, e ad un certo punto ha convinto tutti quanti e poi è entrato già al Bureau dicendo "Noi dobbiamo commemorare". Per la prima volta il capo dello Stato ha usato la parola "Genocidio". C'è stato un minuto di silenzio. Lui sentiva questo debito nei confronti di tutte le vittime, in special modo nei confronti dei suoi genitori. Nel 1987 ha riproposto la stessa cosa e ha ottenuto che il 24 aprile diventasse anche il giorno della commemorazione. In realtà questo episodio e tutto il suo lavoro è stato strumentalizzato da Gorbachov, dalla mafia politica e dai avversari politici. Lui però non ha preso i meriti pubblici di questo episodio, di questa grande preparazione alla condanna del Genocidio Armeno, fatta per anni, attraverso documenti ritrovati e presentati. In realtà tutti i colloqui con i capi centrali del partito erano descritti minuziosamente e quindi c'è traccia scritta di tutto questo lavoro fatto da lui per molti anni. 



Questo articolo si ferma al min 30.32 della nostra intervista. La seconda parte è presente al seguente link: Incontro con Rima Demirchyan moglie del Primo Segretario e Presidente dell'Assemblea Nazionale Armena (parte seconda)

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