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Kistobad - azienda leader nell'hand made shoes Made in Armenia - in un servizio giornalistico di Canale 1





In Armenia proseguono finalmente gli sviluppi della tecnico pratici manifattura interna. Il territorio e le sue fabbriche non sono più solo porto franco per contoterzisti di mezzo mondo ma dalla Repubblica partono iniziative di sviluppo dei marchi del cosiddetto Made in Armenia
Ce ne eravamo accorti la scorsa estate ascoltando le parole del varchapet Nikol Pashinyan, che aveva affermato di voler preferire i prodotti dei brand made in Armenia, sopratutto durante le sue uscite pubbliche internazionali, mettendo così a disposizione la propria immagine come principale testimonial di una rete di attività produttive della Madrepatria. In quell'occasione avevamo fatto riferimento alle scarpe indossate dal Primo Ministro, durante un incontro pubblico a Bruxelles, suscitando la curosità della stampa locale.
La prima volta che personalmente ci siamo recati in Armenia, fu per noi una grande sorpresa negativa, scoprire che le attività produttive armene erano poche, e in ogni contesto si potevano acquistare soprattutto prodotti di importazione da qualunque paese. Nel 2015 alcuni negozi hanno iniziato ad esporre un marchio specifico che dichiarava che nessun prodotto da loro venduto era stato realizzato in Turchia.




In ogni caso il made in Armenia era riservato solo ad alcuni prodotti del settore agro alimentare, come formaggi stagionati e semi-stagionati, alcune qualità di frutta e verdura, pane e salumi, birre e vini, peraltro mal pubblicizzati, e privi di un marchio di tutela. Accanto a questi prodotti, come mosche bianche spuntavano, rarissime, alcune aziende produttrici di beni di lusso. 

Il lettore immagini il mio disappunto, sommato però ad una punta di specifica indignazione leggendo nomi pseudo italiani dati a prodotti di ogni genere. In realtà tra pizze di Verona, e imparabili nomi italiani dati ai negozi di vestiti, o pelletteria, sembrava di essere a contatto con le tartarughe ninja (Donatello, Raffaello e Michelangelo)  tanto da farmi pensare - come nel film Quo Vado - "Non si pronuncia il nome dell'Italia invano". 

Invero, tra le mie prime informazioni circa l'Armenia millenaria essa era una delle patrie mondiali dell'artigianato di qualità: pizzi, tappeti, merletti, mosaici, scarpe, vini, birre e olio, vasellame dipinto. 
Cinque anni fa la prima volta che ho messo piede in Armenia non c'era quasi più traccia di tutto questo. Il made in Armenia si contava sulle punta delle dita di una mano. Poche aziende, molte tasse, molta fatica, e rischio imprenditoriale altissimo, stando sempre attenti che qualche oligarca, non si innamorasse troppo del prodotto, e in qualche modo, non cercasse di soffiare l'azienda, magari in combutta sedicenti uomini d'affare stranieri, da cui a loro volta avrebbero sottratto il becco d'un quattrino. 


premio conquista da Kristobad nel 2014
come miglior brand armeno dell'anno


Ma diamo il bandiamo alle tristia e valutiamo positivamente quel che accade di buono.
Quest'oggi il notiziario del primo canale televisivo armeno lurer.1tv ha trasmesso un servizio giornalistico su una  azienda che da anni si impegna per far rifiorire il made in Armenia. Si tratta di Kristobad. 
L'azienda è nata dall'iniziativa di due famiglie Kristosduryan e Badalyan, che a costo di sacrifici e ingenti investimenti personali hanno iniziato, passo dopo passo, a realizzare un marchio di scarpe fatte a mano made in Armenia, oggi fra i più apprezzati per la capacità di innovazione, la qualità manifatturiera, la variegata scelta delle materie prime. L'azienda era partita con un solo dipendente, oggi dopo 5 anni, ne conta 40 e vende i propri prodotti in varie parti del mondo, con prospettive di espansione in Russia e negli Stati Uniti. Kristobad nasce dall'idea di Mher Kristosduryan e Armen Badalyan, rispettivamente un laureato e plurispecializzato in design e un laureato in economia e management.  Avevano iniziato a progettare, disegnare fabbricare e vendere scarpe maschili in pelle e cuoio, poi sono passati agli accessori, come borse, cinture, borselli e guanti. Successivamente l'azienda si è affacciata anche al mercato femminile realizzando prodotti sia di gusto post-sovietico che europeo e americano. Entro la fine dell'anno, il piano di espansione industriale prevede di continuare l'esplorazione del settore della pelletteria, introducendo nel processo produttivo anche i cappotti.
I sacrifici imprenditoriali, la capacità di accettare nuove sfide e la qualità dei materiali, la competitività del designer, tutti in costante aggiornamento e studio, hanno ottenuto buoni riscontri, non solo in termini di ricavati economici ma anche di visibilità, come ha dimostrato nel corso del tempo l'interesse da parte di illustri clienti. A parlare - nel servizio giornalistico realizzato da Lilit Daniyelyan non sono, in tal modo i direttori dell'azienda, ma i capi delle maestranze, ottimi testimoni della serietà del loro lavoro.