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"Domenico De Nozza: Il Questore di Trieste che guidò l'Ufficio Affari Riservati" di Carlo Coppola



Domenico De Nozza rappresenta una delle figure più affascinanti della storia dei servizi di intelligence italiani nel dopoguerra. Ex funzionario dell'OVRA, dove aveva operato in Sicilia e Toscana, De Nozza venne processato nel 1946 per la sua appartenenza ai servizi segreti del regime, ma uscì assolto da ogni imputazione e fu immediatamente reintegrato nelle forze di polizia. Non è stato possibile allo stato dell'arte trovare notizie esatte sulla sua data di nascita e di morte, e suoi suoi natali. Solo un articolo casualmente ritrovato del 1924 a proposito della comunità armena di Bari, presentato con estrema dovizia di particolari, farebbe supporre la sua origine pugliese. Allo stesso modo, non è stato possibile trovare nessuna immagine fotografica, certa attribuibile al De Nozza sul web.

La sua carriera proseguì nella neonata Repubblica Italiana, dove le competenze acquisite durante il fascismo vennero considerate preziose nel nuovo contesto della Guerra Fredda. De Nozza divenne questore di Trieste, città strategica di frontiera con l'Europa orientale, dove sviluppò metodi di spionaggio e controspionaggio all'avanguardia rispetto al resto d'Italia.

Nel settembre 1958, il ministro dell'Interno Fernando Tambroni lo chiamò alla guida dell'Ufficio Affari Riservati, il servizio segreto civile del Viminale che era stato creato da Mario Scelba nel 1948 e che operava in competizione con il SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate).

De Nozza proveniva da Trieste, città di frontiera dove metodi di spionaggio e adeguata strumentazione erano avveniristici rispetto a quelli in dotazione a Roma. La scelta di Tambroni non fu casuale: il ministro si muoveva d'intesa con la CIA, e gli americani apprezzavano l'esperienza e i metodi del questore triestino.

Il "Gruppo Triestino" e la Riorganizzazione del Servizio

De Nozza non arrivò solo a Roma. Portò con sé tre stretti collaboratori, tra i quali Walter Beneforti, Ilio Corti e il futuro questore Attilio Mangano. Questo gruppo di funzionari triestini, tutti legati da fiducia personale e competenze tecniche, avrebbe lasciato un'impronta indelebile nell'organizzazione del servizio segreto italiano.

La gestione De Nozza trasformò radicalmente la struttura del servizio. Fin da subito vennero aboliti gli Uffici Vigilanza Stranieri, rimpiazzati da nuclei investigativi che operavano in totale autonomia dalle questure, con sedi di copertura in tutte le principali città italiane."

Tambroni allocò De Nozza e i suoi uomini in tre appartamenti segreti nel Viminale, dove si muovevano in quasi totale autonomia, dribblando la presidenza del consiglio stessa ma a stretto e continuo contatto con la CIA. Gli americani fornirono strumentazione moderna per le intercettazioni e i fondi necessari.

Nella capitale vi erano laboratori tecnici dove l'Ufficio preparava le apparecchiature per le intercettazioni, sostenuti da cospicui finanziamenti di provenienza americana. Il modello organizzativo era chiaramente ispirato alla CIA: un servizio segreto moderno innestato su un nucleo di ex funzionari dell'OVRA che conoscevano bene i metodi della polizia politica.

Le Attività e le Rivalità

Le informazioni raccolte dai nuclei periferici venivano trasmesse al nucleo centrale di Roma, denominato Gruppo Operativo (GO), composto solamente da funzionari provenienti da Trieste, che le raccoglieva e rielaborava.

L'attività dell'Ufficio Affari Riservati sotto De Nozza non si limitava alla sorveglianza dei comunisti e della sinistra. Lo spionaggio dell'UAR si estese anche all'interno della Democrazia Cristiana e si rivolse agli avversari del ministro Tambroni, trasformando il servizio in uno strumento di potere personale.

La volontà accentratrice dei dirigenti triestini finì per far scontrare l'Ufficio Affari Riservati con il SIFAR, che accusò il primo di aver ormai assunto compiti riservati all'intelligence. Il SIFAR mal sopportava quella concorrenza sleale sul "mercato informativo".

Il Legame con Bari

Durante la gestione De Nozza, le operazioni del servizio toccarono anche il capoluogo pugliese. Le reti informative dell'Ufficio Affari Riservati si estendevano in tutta Italia, e Bari, città strategica del Mezzogiorno, era certamente sotto il controllo dei nuclei periferici dell'UAR. Il centro di smistamento delle Poste Italiane di Bari giocò un ruolo nelle operazioni di intercettazione del servizio. Anche questo dato potrebbe far pensare a delle origini pugliesi.

La Fine dell'Esperienza Triestina

L'esperienza del "gruppo triestino" terminò bruscamente nel 1960. Un'operazione di provocazione contro il PCI in Sicilia fornì alla questura di Roma la scusa per irrompere nel principale dei tre appartamenti.

Il questore trovò gli agenti impegnati in inequivocabili attività di spionaggio, tirò fuori da sotto il letto dove si era nascosto Attilio Mangano e spedì tutti in questura, mettendo fine alle "attività parallele" di Tambroni.

L'operazione fu orchestrata da ambienti democristiani ostili a Tambroni e dal SIFAR stesso, che vedevano con preoccupazione l'autonomia e il potere acquisito dall'Ufficio Affari Riservati. La caduta di Tambroni arrivò pochi mesi dopo, nell'agosto 1960, con le proteste popolari contro il suo governo.

Tambroni si portò a casa i dossier nella speranza di usarli per salvare la sua carriera politica. Non ci riuscì e i fascicoli finirono nell'archivio SIFAR, che a quel punto aveva già avviato una schedatura di massa senza precedenti.

L'Eredità di De Nozza

Il periodo di gestione dell'Ufficio da parte del gruppo "triestino" di De Nozza, Beneforti e Corti, protetti da Tambroni, finì in disgrazia proprio a seguito della caduta del loro protettore.

Tuttavia, l'impronta organizzativa lasciata da De Nozza sopravvisse alla sua gestione. Il breve periodo di gestione dell'UAR da parte dell'ex OVRA fu sufficiente e la sua fine non impedì che l'UAR si consolidasse secondo il modello triestino, proseguendo sotto la direzione di funzionari come Federico Umberto D'Amato, che avrebbe guidato l'Ufficio per decenni durante gli "anni di piombo".

Il Modernizzatore dell'Intelligence Italiana

Tambroni fu il vero modernizzatore, il primo ad adoperare il dossieraggio su vasta scala, e De Nozza fu lo strumento tecnico di questa trasformazione. Attraverso la gestione dell'Ufficio Affari Riservati, Tambroni creò una polizia parallela che indagava, interrogava persone, controllava i telefoni, creava dossier, facendo fare un salto di qualità alle schedature segrete, passate dalla fase artigianale a quella industriale.

Domenico De Nozza rappresenta un esempio significativo della continuità tra gli apparati del regime fascista e le strutture della Repubblica Italiana. Reduce dall'esperienza OVRA, si era adattato alla nuova realtà repubblicana, comprendendo la complessità del gioco politico nel nuovo sistema.

La sua vicenda illumina uno degli aspetti più interessanti della Prima Repubblica: l'esistenza di una "polizia politica" che operava nell'ombra, utilizzando metodi ereditati dal fascismo ma aggiornati con tecnologie e finanziamenti americani. Nel clima della Guerra Fredda, la democrazia italiana convisse con pratiche di intelligence che spesso sconfinavano nella sorveglianza politica, creando quel sistema parallelo che avrebbe caratterizzato decenni della nostra storia repubblicana.

De Nozza fu l'artefice principale di questa trasformazione, colui che portò i metodi triestini di frontiera nel cuore dello Stato italiano, costruendo un apparato di intelligence che avrebbe lasciato tracce profonde nella storia dei servizi segreti della Repubblica.