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" Lamenti / Տրտունջք " un poema di Bedros Turian



Bedros Tourian fu un poeta del XIX secolo dell'Armenia occidentale la cui tragicamente breve vita fu interrotta dalla tubercolosi. Nonostante le sue sfortunate circostanze ha avuto un impatto enorme sulla storia della letteratura armena. Oltre ad essere un abile poeta, fu anche un importante drammaturgo e attore animato da spirito patriottico la cui scrittura rifletteva spesso le istanze profonde di indipendenza per la sua nazione. Alcuni dei suoi scritti teatrali in particolare insistettero su tematiche sociali, tratteggiando un ambiente in gran parte povero, e che soffriva di una grande decadenza morale. 


Տրտունջք

Էհ, մնաք բարով, Աստված և արև,
Որ կը պըլպըլաք իմ հոգվույս վերև․․․ Աստղ մալ ես կերթամ հավելուլ երկնից, Աստղերն ի՞նչ են որ եթե ո՛չ անբիծ Եվ թշվառ հոգվոց անեծք ողբագին, Որ թըռին այրել ճակատն երկնքին. Այլ այն Աստուծույն՝ շանթերո՜ւ արմատ՝ Հավելուն զենքերն ու զարդերն հըրատև։ Այլ, ո՜հ, ի՞նչ կ՝ըսեմ․․․ շանթահարե զիս, Աստվա՛ծ, խոկն հըսկա փշրե հուլեիս, Որ ժպըրհի ձգտիլ, սուզիլ խորն երկնի, Ելնել աստղերու սանդուղքն ահալի․․․ Ողջո՜ւյն քեզ, Աստված դողդոջ Էակին, Շողին, փըթիթին, ալվույն ու վանկին, Դոլ որ ճակտիս վարդն և բոցն աչերուս Խլեցիր թրթռումս շրթանց, թռիչն հոգվույս, Ամպ տըվիր աչացս, հևք տըվիր սրտիս, Ըսին մահվան դուռն ինձ պիտի ժպտիս, Անշուշտ ինձ կյանք մը կազմած ես ետքի, Կյանք մանհուն շողի, բույրի, աղոթքի. Իսկ թե կորնչի պիտի իմ հուսկ շունչ Հոս մառախուղի մեջ համր անշըշունջ, Այժմեն թո՚ղ որ շանթ մ՚ըլլամ դալկահար, Պլլըվիմ անվանդ մռնչեմ անդադար, Թող անեծք մըլլամ քու կողըդ խըրիմ, Թող հորջորջեմ քեզ «Աստված ոխերիմ»։ Ոհ, կը դողդոջեմ, դժգույն եմ, դժգո՜ւյն, Փըրփըրի ներսըս դըժո՝խքի մ՚հանգոյն․․. Հառաչ մեմ հեծող նոճերու մեջ սև, Թափելու մոտ չոր աշնան մեկ տերև․․․ Ոհ, կայծ տրվե՛ք ինձ, կայծ տրվե՛ք, ապրի՜մ. Ի՜նչ, երազե վերջ գրկել ցուրտ շիրի՜մ․․․ Այս ճակատագիրն ի՜նչ սև է, Աստվա՛ծ, Արդյոք դամբանի մրուրով է գծված․․․ Ոհ, տըվե՚ք հոգվույս կրակի մի կաթիլ, Սիրել կուզեմ դեռ ապրիլ ու ապրիլ․ Երկնքի աստղե՚ր, հոգվույս մեջ ընկե՛ք, Կայծ տըվեք, կյա՛նք՝ ձեր սիրահարին հեք։ Գարունն ոչ մեկ վարդ ճակտիս դալկահար՝ Ո՛չ երկնի շողերն ժըպիտ մինձ չեն տար։ Գիշերն միշտ դագաղս, աստղերը՝ ջահեր, Լուսինն հար կուլա, խուզարկե վըհեր։ Կըլլան մարդիկ, որ լացող մը չունին, Անոր համար նա դըրավ այդ լուսին․ Եվ մահամերձն ալ կուզե երկու բան, Նախ՝ կյա՜նքը, վերջը՝ լացող միր վըրան։ Ի զո՛ւր գըրեցին աստղերն ինծի «սեր», Եվ ի զո՜ւր ուսուց բուլբուլն ինձ «սիրել», Ի զո՜ւր սյուքեր «սե՜ր» ինձ ներշնչեցին, Եվ զիս նորատի ցուցուց ջինջ ալին, Ի զո՜ւր թավուտքներ լըռեցին իմ շուրջ, Գաղտնապահ տերևք չառին երբե՚ք շունչ, Որ չը խըռովին երազքըս վըսեմ, Թույլ տըվին որ միշտ ըզնե երազեմ, Եվ ի զո՛ւր ծաղկունք, փըթիթնե՜ր գարնան, Միշտ խնկարկեցին խոկմանցըս խորան․․․ Ո՜հ, նոքա ամենքը զիս ծաղրեր են․․․ Աստուծո ծաղրն է Աշխարհ ալ արդնն․․․



traduzione in lingua italiana 

Lamenti

da Hrand Nazariantz, Bedros Turian, poeta armeno: dalla sua vita e dalle sue pagine migliori, con cenno sull'arte armena. Intro  Enrico Cardile, Bari, Laterza, 1915


Addio, a Te, O Dio, o Sole!
rutilante sull'anima mia:
ecco, non io aggiungo nuova stella della notte?
Però che sono altro le stelle furono lamenti scagliati 
dalle maledizioni, perché abrucino il volto del liceo?
E pure no, fuoco su acciaio, la piastra
Della corazzata di fiamme del Dio che crea la folgore?
Ahimè!... che dico, oh Dio!
Fulminami la bocca;
Confondimi, Signore frangi l'idea gigante ch'esprimo
atomo, ed ora mi suscita, in alto, su nel profondo,
del cielo senza sponda, salito per l'infinita
scala, da stella alle stelle.

Salute, a Te, O Dio dell'etere vibrante,
del raggio, del fiore, del flutto, dell'eterna armonia.
Tu, che mi ha svelata la rosa dal fronte,
spento il brillare delli occhi, il fremer delle labbra,
e l'empito all'anima alata;
Tu che velasti di nebbie il mio sguardo,
tormenti il mio cuore che si sbatte;
Tu, che consigli a sorriderti sul limitar della morte,
Tu mi hai disteso - chi sa? -
e mi aspetta? - una vita futura
un festino imbandito di luce, di profumi e preghiere?
Ma s'io debbo mancar l'ultimo soffio,
quaggiù, silente, ignorato avvolto nella bruma,
Oh, lasciami subito, o Dio, incondizionatamente,
transumanarmi in folgore, - oh, pallida folgore, sì! - 
ma tale venuta da Te, o Padre dei fulmini, o Dio,
A saturarmi al tuo nome per tuo ruggire sempre.
Oh, Dio: Mi sentirai dentro tuo fianco eterno,
infissa di implicata maledizione viva,
Urlarti, senza tregua: "Dio senza pietà!".

Ahimè! or tremo! son pallido, pallido come la morte!
il mio petto schiumeggia, sbava come un inferno!
Sono il sospiro, che geme tra i neri cipressi,
la secca foglia d'autunno, che sta per cascare.
Donatemi una favilla una sola villa di vita!
Che...? dopo i sogni d'oro, baciar la negra tomba?
Oh! Dio, cupo destino! venne segnato forse
con il fango ha agglutinato dei sarcofagi?...
Oh sì! per quest'anima mia un'altra goccia del fuoco;
amare, io voglio, ... ancora, ... e vivere, vivere sempre!
Astri del cielo, piombate nell'anima mia!
Una lagrima solo di fuoco, solo una stilla a me...
Per la vita di chi vi ha pur amato invano...
Ah, ah! ... la primavera non ha più rose, 
Negami il cielo il suo riso d'azzurro,
la notte e il mio feretro,
Le stelle vi lucono intorno a doppieri,
piangemi eterna la luna, saggiando li abissi.
Vi sono delli uomini che muojon senza pianto;
perciò la luna lacrima;
e pure il moribondo due sole cose brama:
prima, la vita, indi, singhiozzi cari.

Per me le stelle, invano, scrissero il nome d' "Amore",
il giocondo bulbul, invano, cantando m'insegnò d' "Amore".
Invano la presenza ha spirato, di quando in quando: "Amore!"
Il limpido flutto scorrendo, invano, rispecchiò la "Gioventù"
L'acqua rapivala a me, rapivala all'Amore:
Il fiume non risale la corrente.
Invano, i boschetti ovattarono i loro sussurri d'intorno,
tacquer le frasche discrete, furon mute le foglie,
quasi senza respiro, per non turbare i miei sogni!
Volli per l'infinito!... sublimemente sognai!
E, invano, i fiori eretti con il profumo della primavera,
m'incensaron l'altar di pensieri profondi...
Ah... sì, mi accorgo! questa fu una oscena ghignata!
Tutti mi hanno burlato:
"che forse il mondo non sia che la sceda d'Iddio?..."

traduzione in lingua inglese

Complaints

da Alice Stone Blackwell, Armenian Poems, Rendered into English VerseBoston, Atlantic Printing Company, 1917


Farawell to thee, O God, to thee, O sun,

Ye twain that shine above my soul on high!
My spirit from the earth must pass away;
I go to add a star to yonder sky.

What are the stars but curses of sad souls,—

Souls guiltless, but ill-fated, that take flight
To burn the brow of heaven ? They only serve
To make more strong the fiery armor bright

Of God, the source of lightnings ! But, ah me !

What words are these I speak? With thunder smite,
O God, and shatter the presumptuous thoughts
That fill me, — giant thoughts and infinite,

Thoughts of an atom in thy universe,

Whose spirit dares defy its mortal bars,
And seeks to dive into the depth of heaven,
And climb the endless stairway of the stars !

Hail to thee, God, thou Lord of trembling man,

Of waves and flowers, of music and of light!
Thou who hast taken from my brow the rose,
And from my soul the power of soaring flight;

Thou who hast spread a cloud before mine eyes,

And given these deathly flutterings to my heart,
And bidd’st me smile upon thee on the brink
Of the dark tomb, to which I must depart!

Doubtless thou hast for me a future life

Of boundless light, of fragrance, prayer, and praise ;
But, if my last breath here below must end
Speechless and mute, breathed out in mist and haze—

Ah, then, instead of any heavenly life

To greet me when my earthly span is o’er,
May I become a pallid lightning flash,
Cling to thy name, and thunder evermore !

Let me become a curse, and pierce thy side!

Yea, let me call thee “ God the pitiless ! ”
Ah me, I tremble! I am pale as death;
My heart foams like a hell of bitterness !

I am a sigh that moans among the sad,

Dark cypresses, — a withered leaf the strife
Of autumn winds must quickly bear away.
Ah, give me but one spark, one spark of life !

What! after this brief, transitory dream

Must I embrace for aye the grave’s cold gloom?
O God, how dark a destiny is mine I
Was it writ out with lees from the black tomb?

Oh, grant my soul one particle of fire !

I would still love, would live, and ever
Stars, drop into my soul! A single spark
Of life to your ill-fated lover give !

Spring offers not one rose to my pale brow,

The sunbeams lend me not one smile of light.
Night is my bier, the stars my torches are,
The moon weeps ever in the depths of night.

Some men there are with none to weep for them ;

Therefore God made the moon. In shadows dim
Of corning death, man has but two desires, —
First, life; then some one who shall mourn for him.

In vain for me the stars have written “ Love,”

The bulbul taught it me with silver tongue ;
In vain the zephyrs breathed it, and in vain
My image in the clear stream showed me young.

In vain the groves kept silence round about,

The secret leaves forbore to breathe or stir
Lest they should break my reveries divine ;
Ever they suffered me to dream of her.

In vain the flowers, dawn of the spring, breathed forth

Incense to my heart’s altar, from the sod.
Alas, they all have mocked me ! All the world.
Is nothing but the mockery of God!

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