Nato a Casal di Principe - Una storia in sospeso, il libro di Letizia e Zanuttini
da http://www.lsdmagazine.com/nato-a-casal-di-principe-una-storia-in-sospeso-di-amedeo-letizia-e-paola-zanuttini/12105/
Esistono eroi senza alcuna qualità positiva o negativa e altrettanto spesso gli eroi sono narcisi onanistici che si affannano a dimostrare la loro purezza, innocenza e mancanza di colpa contro tutto il male, presente, passato e futuro. O almeno quelli erano gli eroi a cui la letteratura d’ogni tempo e luogo ci aveva abituato a credere: Achille, Ulisse, Agamennone, Orlando furioso/ innamorato/disperato che fosse. Eroi rampichini modello “Bonaparte, Liberatore”, “Garibaldo, eroe dei due mondi” o facciamo anche tre, o l’aviatore Baracca, giovane di belle speranze alla “Granda Guerra”, o ancora i partigiani sui monti che cacciano i fascisti, i crucchi ed altri specie simili, o gli ernesti guevari da stamparci magliatte e da cantare “hasta la victoria”.
Sono giunti gli studiosi e ci hanno insegnato a demistificare, a spodestare, a disarcionare Tex Willer, a togliere il mantello a Superman, a mettergli gli occhiali e magari a prenderlo a schiaffi. Semiologi, psicologi, filosofi, sociologi, antropologi, filologi, tutti a smantellare, con le loro arti, il canone dell’eroismo! Sembra che uccidere i sogni sia la loro occupazione principale.
Per la generazione scolarizzatasi tra anni ’80 e ’90 qualcosa è cambiato. Dopo le tangentopoli e le smaterializzazioni di tutti i sistemi conosciuti, ci sono stati proposti esempi ben più contemporanei e inaspettati. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino su tutti sono divenuti i nostri eroi e, accanto a loro, persone molto più normali si mettono al servizio di una società che non sempre ne coglie il segno, l’importanza e la portata. Come gli eroi antichi, questi ultimi sono eroi civili ma la civitas sul loro giudizio si divide. Contro di loro e le loro case si scaricano montagne di letame ma, a farlo, non sono il Fato o gli Avversi Numi, come per omerici, bensì altri uomini in carne ed ossa che ne avversano la ricerca. Questi nuovi eroi sono i paladini non tanto della Legalità, parola che in sé non significa molto – strumentalizzata da chiunque – se ne combatte il potere attrattivo, quello di invertire la rotta, insegnare alla gente a porsi domande, a non lasciarsi vivere. Questi nuovi eroi assomigliano ad altri che nel 1799, nelle medesime zone d’Italia, o poco lontano, commisero un simile “peccato ontologico e gnoseologico” assieme. Renato Natale o Amedeo Letizia con Paola Zanuttini o Roberto Saviano o Rosaria Capacchione non sono molto lontani da Francesco Pepe, Mario Pagano, da Eleonora Fonseca Piementel, e Ignazio Ciaia. A differenza di quelli eroi della Repubblica Napoletana, però, non si permettono di salire in cattedra, ma cercano solo di dare testimonianza.
E’ di questi giorni l’uscita, per i tipi della, sempreverde, casa editrice Minimum Fax, di “Nato a Casal di Principe – Una storia in sospeso” di Amedeo Letizia e Paola Zanuttini. Un libro poco italiano, un capolavoro senza un genere preciso in cui collocarlo, destinato, siamo convinti, a fare scuola. Non è un romanzo, non è un libro inchiesta, non è un’intervista, non è un saggio. Ha alcuni tratti del libro di memorie ma anche in questo è atipico. Gli esempi letterari più vicini che riusciamo ad accostarvi sono alcuni tratti delle monumentali memorie del patriota salentino Sigismondo duca di Castromediano, interpretato al cinema da Andrea Renzi, e più di qualche pagina di un romanzo che Amedeo Letizia conosce bene per averlo prodotto per il grande schermo Il Resto di Niente di Enzo Striano.
Ora Amedeo Letizia, attore e produttore cinematografico noto nel ruolo di Gigi della fortunata serie di Rai 2, I ragazzi del muretto e Paola Zanuttini, giornalista di Repubblica, vanno oltre la mera conoscenza dei fatti, non fanno nessuna dichiarazione sconcertante sul sistema di poteri forti e connivenze, non scoprono montagne di “monnezza”, e neppure nessun rifiuto tossico. Ciò che esce dalle loro 164 pagine è molto più pericoloso. E’ la Banalità del Male che avvolge lentamente, con una impensabile leggerezza calviania e con dispettosa molteplicità da Lezione Americana. La ricerca di un fratello desaparecido diventa il motore, quasi pretestuoso, per un racconto feroce di dolore, di calore, di rinascita, di chi si dà le spiegazioni e reagisce, come può, alla realtà accadente che si rispecchia nella impossibile comprensione del peso di quanto già accaduto. Questo peso schiaccia, ha sfasciato, ha prodotto rabbia, venti anni di dolore che basta un niente a far esplodere. Questo tormento ha provocato nascondimento, vergogna. Il protagonista è dapprima un cavaliere di belle speranze con un unico peccato, l’intemperanza, ma via via si trasforma in Orlando Furiosola cui Angelica è tutto il mondo, la sventura stessa accaduta alla sua famiglia. L’immanente sembra non dare scampo e alla fine, la pazzia di Orlando da reale si trasforma in una metafora. Anche nel racconto, l’autore sembra giocare a rappresentarsi più feroce, e furioso di quello che è in realtà, ma mantiene oggettivo tutto il mondo circostante. Il padre severo e gagliardo, la madre religiosa e dolcissima, figure diafane e tragiche da tragedia greca, sono statue: Mutter Courage und ihre Kinder e padre Ubu. Davanti alla loro verità si urla di strazio, non si può che contorcersi di dolore. Queste persone hanno perso un figlio in incidente d’auto, d’un altro non sanno più nulla. Nessuno può sentenziare sul loro dolore, né le loro reazioni. Sono come Giobbe alla prova. Erano ricchi, felici, invidiati per il loro status, per quello della loro famiglia che, forse a legger bene le fonti, avrebbe svelato qualche quarto di nobiltà.
Quello che Amedeo Letizia compie è, insomma, il viaggio dell’eroe, più tradizionale, quello di cui aveva parlato Joseph Campbell, e su cui si esempla il grande cinema americano. Le peripezie dell’eroe sono qui rappresentate da un viaggio che diviene metafora dello sviluppo esistenziale. Il viaggio si moltiplica reiterando la ricerca che di volta in volta aggiunge dettagli alla narrazione. Letizia si allontana lasciando dietro di sé il vecchio Mondo Ordinario, sempre meno soddisfacente. Vive una profonda inquietudine, ed è costretto suo malgrado a lanciarsi in una nuova dimensione, un mondo Stra-Ordinario ricco di pericoli ma soprattutto di opportunità. Il viaggio avviene su più fronti: nel mondo esterno, ma anche nella realtà interiore, come in un romanzo psicologico. In questo caso è il Mondo Ordinario che diventa incomprensibile e via via estraneo, fino a che il Mondo Stra-ordinario prende il sopravvento, raggiungendo e superando l’ordine del Mondo di provenienza. Alla fine giunge il momento di affrontare un compito arduo, le peripezie e le conseguenti indispensabili metamorfosi. Il ragazzo casalese, con il suo carico di patriarcalismi, stempera, i suoi caratteri di rozzezza da Buon selvaggio. Ad aiutarlo nell’impresa, qualche amico fidato, e alcune figure femminili, prima fra tutte per costanza e impegno la sua compagna Mariella, anch’ella produttrice, che ne ha affrontato lungo gli anni i disagi della trasformazione, gli sviluppi della personalità, i tormenti e gli incubi. Il buco nero ha affrontato la luce uscendo nel mondo. Paolo il fratellodesaparecido è sulla copertina del volume, un valore simbolico, una traccia.
Paola Zanuttini, la giornalista che ha ricostruito con Amedeo Letizia l’intera vicenda personale, assiste e scruta il mondo di Casal di Principe. In questo paese ci sono forti contrasti, quotidiani eroismi e forme di resistenza ai sistemi di potere che si pongono fuori dal Contratto Sociale di russoiana memoria. Lo Stato, lì ha la lettera minuscola, perché ha abdicato per troppo tempo ai ruoli di tutela del territorio, di amministrazione della giustizia, e soprattutto non è stato in grado di dirimere le controversie fra i cittadini, lasciando che nelle sue stesse maglie si costituissero organizzazioni parallele, volte a mantenere la legge della giungla.
La Zanuttini cerca di comprendere; a volte osserva gli insetti al microscopio e ne sospende il giudizio con l’atteggiamento di chi però, in fondo, ha pre-giudicato. A volte il suo atteggiamento è quello di un Parigino, nei confronti degli Ottentotti casalesi. Il risultato è a più tratti simile a quello della Lettera Semiseria di Giovanni Berchet. La sua narrazione si interrompe per chiose e commenti, come se ciò a cui ella assiste prevedesse un doveroso a-parte. Il suo singula enumerare, produce una sorta di omnia circumspicere dal sapore, comunque, assai gustoso. In effetti per chi da straniero si accosti alla complessa realtà casalese è questo l’unico modo per capire. Qualsiasi modello sociologico, infatti, non è calzante. Quello più vicino al vero è forse “il familismo amorale” di cui parlava Edward C. Banfield nel suo The Moral Basis of a Backward Society, anche se quello potrebbe essere utilizzato per le condizioni storiche della realtà casalese e non per analizzare le caratteristiche del presente. Resta quindi sempre valido un pensiero del grande immanente don Benedetto Croce il quale sosteneva che l’intera Terra di Lavoro, di cui Casal di Principe fa parte, fosse solo “un Paradiso Abitato da Diavoli”.
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