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Zabel Yessayan pubblicata in Italia da Pequod





Զապել Եսայանը Իտալիայում հրատարակված Pequod-ի կողմից. Կարլո Կոպպոլայի հոդվածը.


Tra il 2008 e il 2010 la Casa Editrice Pequod pubblicò due volumi della grande scrittrice armena di Costantinopoli Zabel Yessayan. La Yessayan fu una delle voci più interessanti e libere della letteratura armena a cavallo tra XIX e XX secolo. Trasferitasi nell'Armenia Sovietica, finì i suoi giorni in Siberia a causa delle purghe staliniane.
In Italia a tradurne le opere è stato Haroutioun Manoukian, traduttore e curatore anche de volumi La lirica armena. Da Krikor Naregatsi a Yeghishe Ciarents passando per Sayat-Nova e Sulla scia di sangue: dialogo tra il pascià turco e il rivoluzionario armeno tratto dall'opera di Hagop Oshagan.

 


Nelle rovine racconta l'esperienza vissuta da Zabel Yessayan tra le macerie del genocidio degli Armeni in Cilicia nel 1909. La scrittrice descrive in prima persona gli atroci crimini commessi dai turchi ottomani, penetrando nelle viscere di un popolo martoriato da secoli, vittima di un genocidio ancora oggi poco conosciuto. Inviata con una delegazione di osservatori armeni sul posto della tragedia, Zabel raccoglie le testimonianze dei sopravvissuti al massacro e partecipa al loro lutto. In questa discesa agli inferi, negli abissi più bui e abominevoli dell'animo umano, l'atmosfera che si respira è soffocante, ovunque macerie, miseria, rovine. Sconvolta, coinvolta, senza cadere nel patetico o in pregiudizi fuorvianti, disorientata, ma decisa ad aiutare la sua gente, percorre un viaggio difficile in un mondo di disperazione, e le sue sensazioni sono di un'intensità tale che ne rimane quasi sopraffatta. Niente è scontato in questo romanzo dalle tinte crude, come cruda è la realtà che ci presenta, dove a momenti di grande tensione fanno seguito pause descrittive dai toni lirici, dove il dolore cocente per le perdite subite è sempre lenito dalla speranza di una rinascita. Una scrittura di nervi, una miscela eccezionale di emozioni e sentimenti.


Bisogna aspettare "I giardini di Silibdar," edito nel 1935, per conoscere non solo le storie di principi e combattenti, di santi e religiosi armeni, ma anche quelle del popolo armeno e della sua vita quotidiana. Zabel Yessayan, attraverso i ricordi d'infanzia, coglie l'anima della sua città, Costantinopoli, ci racconta la vita del popolo armeno del tempo - ma ci sono anche i turchi e i greci - attraverso una galleria di personaggi, con la tessitura dei loro giorni e l'intreccio dei loro drammi. Spicca tra tutti la figura della nonna, Dudu, la sua difficile e rischiosa fanciullezza sotto il dominio assoluto dei giannizzeri, la sua vergogna della più piccola effusione: separata dal figlio (zio Khacig, che ha l'ardire di disprezzare i doveri della tradizione prendendo per moglie la ragazza amata) a causa di pregiudizi secolari, tormentata da una nostalgia reciproca, quando finalmente lo incontra si scambiano solo poche parole, nonostante la voglia di buttarsi l'una nelle braccia dell'altro. Zio Artin amudja, armeno fino al midollo, i pescatori e i barcaioli dei quartieri poveri, l'eterna diatriba tra ricchi e poveri, l'egoismo degli eredi degli amira, che sopravvivono odiando tutto e tutti, la vanità predominante nella classe dei ricchi, insomma l'insofferenza reciproca degli armeni, la schiavitù, la soggezione allo straniero, la delazione.

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