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San Vartan Mamikonyan e i martiri della battaglia di Avarayr


Mentre la Chiesa Cattolica festeggia oggi 11 febbraio 2021 il anniversario dalla Prima apparizione della Madonna a Lourdes nella grotta di Massabielle alla piccola Bernadette Soubirous, le chiese armene festeggiano san Vartan Mamikonyan e il Vartanantz.
Si tratta della festa più popolare con carattere religioso e nazionale per gli armeni di tutto il mondo. Questa festa si svolge solitamente a febbraio, ovvero il giovedì precedente l'inizio della quaresima.
È un simbolo della coscienza, della fede e del sommovimento generale degli Armeni contro la tirannide, nel costante sforzo di preservare la loro identità e libertà religiosa e civile. È un simbolo dei loro infiniti sacrifici e del loro martirio volontario e consapevole.
Vartan Mamikonyan era riuscito a mettere insieme un contingente importante. Circa 66.000 tra fanti e cavalieri, compresi parecchi volontari civili. La spina dorsale dell’esercito era formata dalla cavalleria leggere e da quella pesante (armata come i clibenarii), ma le cronache riportano anche un gran numero di arcieri e lancieri. Una forza in grado di reggere il campo con qualsiasi esercito occidentale, ma forse non abbastanza grande da respingere il mostruoso esercito sasanide.
Il sovrano sasanide Yazdegard II e il suo generale Mihr-Narseh avevano messo insieme un’armata capace di far impallidire addirittura le armate persiane dello stesso Serse. Elefanti da guerra con torrette per gli arcieri, cavalleria savaran, arcieri a cavallo, fanteria pesante, addirittura un contingente di Unni, per non contare i 30-40.000 armeni guidati da Vasak II Mamikonyan, pronti a combattere contro i propri fratelli. In tutto quasi 100.000 uomini (300.000 secondo le fonti armene).
Il 26 maggio 451 i due schieramenti erano divisi dal fiume Tghmout. A prescindere dall’epilogo di quella giornata, la storia dell’Armenia sarebbe cambiata drasticamente. Vartan lo sapeva, quindi pronunciò un discorso altamente adrenalinico sull’obbligo di difendere la propria terra e la propria fede, che si concluse con queste parole:
Chi credeva che il Cristianesimo fosse per noi un abito, ora saprà che non potrà togliercelo, come il colore della nostra pelle.


La cavalleria armena attraversò il fiume con una prima carica, creando scompiglio nell’ala destra del nemico, formata dalla cavalleria “ausiliaria”. Le linee arretrate dei sasanidi però si riorganizzarono, e alla fine riuscirono a far ripiegare l’ala sinistra armena. Nel frattempo, gli armeni erano riusciti a mettere in difficoltà tutto il fronte d’attacco sasanide. Vartan stesso, vedendo la ritirata dell’ala sinistra, decise di prestarle soccorso. Riuscì a sfondare, ritrovandosi all’interno delle linee nemiche. Ed infatti Vartan trovò ad attenderlo la morte. Un vero e proprio martirio che lo vide combattere fino all’ultimo. Caduto il loro generale, gli Armeni si videro persi e si ritirarono nei castelli e nelle fortificazioni montane.
In tutto morirono circa 3.500 persiani e poco più di mille armeni. Questi ultimi sono i 1036 martiri compagni di San Vartan.

Commenti

Unknown ha detto…
Da non specialista, mi pare che a questa battaglia e soprattutto alla rappresentazione che ne fa Eghishe, mons. Gugerotti faccia risalire l' "ideologia martiriale" degli armeni

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