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La Verità lacerata: nuove aggressioni armenofobe a mezzo stampa


Continuano le dichiarazioni scioccanti da parte azera in Italia. Un misto di atteggiamenti piagnoni, minacce, ostentazione di false paure, frasi dette, ritrattate, estrapolate, capziose e soprattutto nessun riconoscimento delle proprie colpe di genocidio culturale e delle aggressioni compiute. L'identità statale più giovane della Cola-Cola continua ad attaccare, mostrandosi a seconda dell'opportunità del caso come vittima spaventata delle presunte aggressioni dei vicini o minacciosa e spocchiosa, come nella sua autentica natura. Rapiscono soldati o civili ai confini, violentano e seviziano gli abitanti dell'Artsakh, tagliando nasi e orecchie, come facevano i loro fratelli turchi per secoli, da Otranto 14 agosto 1480, al Genocidio Armeno di fine Ottocento e a quello del 1915, fino alla crisi degli anni Venti, senza dimenticare il pogrom di Sumgayit del 20 febbraio 1988 in cui come nella serie americana The Purge, assassini e criminali di ogni specie inseguirono per circa 10 giorni gli Armeni di Baku, cui inflissero le medesime torture, sevizie e scannamenti con ogni tipo con coltelli, bastoni, fucili, copertoni e cerchioni di pneumatici delle auto, corde, pentole da cucina e infine con il fuoco. Da allora non esistono più gli Armeni in Azerbaijan, compresa nella terra storicamente armena da millenni del Nachigevan.
Nessuno dimentica neppure la barbara uccisione da parte del soldato Ramil Safarov del tenente armeno Gurgen Margaryan avvenuta in Ungheria nel 2004. Durante un'esercitazione militare congiunta Safarov si introdusse negli alloggi armeni e tagliò la testa a Margaryan che dormiva. Sarebbe potuto apparire il gesto efferato di un folle se in cambio di una pesante tangente di 7 milioni di dollari, col pretesto di aiuti vari, Orban non avesse liberato l'assassino, attraverso il principio internazionale dell' "estradizione" - in questo caso assai anomala per molteplici ragioni. Il criminale, invece, appena ebbe mise piede in Azerbaijan fu insignito di medaglia al valore dal satrapo Aliyev. 
Negli ultimi mesi dopo l'aggressione Azera - anche questa mai ammessa - del 12 luglio 2020 con un deliberato e multiplo tentativo di sconfinamento in Tavush - regione che nulla a che fare con la questione del Nagorno-Karabakh - la macchina mediatica della satrapia familiare e oligarchica del dittatore, si è rimessa in moto nuovamente, tornando a minacciare anche i giornalisti internazionali che si occupano da anni della questione del Caucaso del Sud. Tra questi va ricordato l'amico Simone Zoppellaro
Anche una serie di blog e fogli a diffusione telematica di politica internazionale, di dubbia natura, sparsi sul territorio italiano si sono fatti portatori del clima di reiterate minacce e dell'odio azero che accusa gli Armeni prima di tutto di esistere come etnia e come Stato. 
Dopo un'estate di velati insulti e tentativi di imponimento a firma dell'Ambasciatore Azero in Italia contro alcune delle principali associazioni armene sul territorio della Penisola, le due ultime puntate di questa ridicola saga sono state perpetrate negli scorsi giorni. 
In primo luogo un'iniziativa di Anna Hakobyan, moglie del Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, volta a far familiarizzare 15 donne con armi e tecniche di difesa in combattimento, ha scatenato la falsa indignazione azera. L'evento è stato strumentalizzato al punto da trasformare un gruppo di madri di famiglia in guerrigliere pericolosissime, armate sino ai denti e pronte a invadere i "pacifici territori da sempre" azeri. 
Il "sempre" non risale ai secula seculorum ma un regalo dettato dall'ideologia politica del divide et impera (divide and rule) promossa da Peppone Stalin, che contro gli Armeni, peraltro, nutriva rancori per così dire "parentali". 
Gli stessi giornali e blog succitati oggi raccontano senza alcuna vergogna che il Ministero degli Affari Esteri dell’Azerbaigian ha manifestato una forte protesta ai co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, riguardo al reinsediamento degli Armeni dal Libano "verso la regione azerbaigiana del Nagorno-Karabakh". Così scrive oggi il sito web politicamentecorretto.com il cui nome non pare corrispondere né all'atteggiamento politico né tanto meno alla correttezza di etica giornalistica.
Siamo al paradosso, alla vergogna, al tentativo di sterminio e all'annientamento a mezzo stampa oltre che alla proliferazione di una cultura dell'odio che l'Europa e l'OSCE dovrebbero curare con precisi interventi educativi e sanzioni. 
A tutti costoro ricordiamo, inoltre, che l'aggettivo per Azerbaijan non è "azerbaijano" ma "azero", perché a differenza di altri la lingua italiana ha un vissuto storico di oltre 10 secoli.

Commenti

Unknown ha detto…
Armeni e Palestinesi continuano a condividere la condizione di "popoli invisibili" legittimata da una forma persecutoria più sottile ... quella del mezzo stampa che accomuna Europa e Stati Uniti e che serve solo ad alimentare conflitti e a scardinare legittime e ancestrali sovranità territoriali
che servono solo ad alimentare conflitti e a scardinare una legittima e ancestrale sovranità
territoriale