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Sant'Orenzio e i suoi fratelli martiri di Satala in Armenia Minore


Sant_Orenzio_Satala


I tormenti riservati ai Cristiani non sono stati solo una specialità della perversione sadica degli Ottomani tra XIX e XX secolo. Questi "giochi", frutto della malattia mentale e dell'educazione corrotta, della mancanza di considerazione verso la persona umana, vengono da lontano. Sono spesso comuni, infatti, gli elementi che compaiono nelle ‘Passio’ di molti martiri nei primi secoli della cristianità, e ritornano con la circolarità di un girone dell'inferno dantesco, con un ampio catalogo di brutture di ogni genere e specie, dalla privazione della dignità umana, alle lente agonie date sottrazione di parti del corpo. Tali supplizi venivano espletati - e in alcune zone del mondo avvengono ancora oggi - con l'aiuto dei 4 elementi (aria, acqua, terra, fuoco) per abbattere facendo leva suoi bisogni primari, sulle necessità umane, sui 5 sensi. La fame e la sete, il gusto, l'olfatto, l'udito, il tatto e talvolta anche gli organi sessuali erano protagonisti di un lento martirio, una testimonianza contro ogni testimonianza.
Tra i casi notevoli ricordiamo il martirio di sette fratelli suppliziati e uccisi per non aver apostatato (rinnegato) la Fede in Cristo. I loro nomi erano Orenzio, Eros, Farnace, Firmino, Firmo, Ciriaco e Longino. Sebbene uccisi in varie zone dell'Armenia Minor essi furono ricordati come martiri di Satala (Sadak) nell'odierna Cappadocia. Orenzio era un guerriero al servizio dell'imperatore Massimiano che aveva ucciso il re della Scizia, Marmaroth per difendere l'imperatore. Durante il trionfo tra orge e bagordi di ogni genere Orenzio si rifiutò di participare e sacrificare agli dei pagani, essendo cristiano. In un primo momento sia lui che i suoi fratelli vengono comunque ricolmati di onori, ma passata l'euforia del trionfo i 7 fratelli vengono prima sollecitati a rinnegare la Fede e quindi esiliati a Satala fortezza legionaria della provincia romana della Cappadocia, posta dinanzi al Regno d'Armenia. Qui viene loro nuovamente richiesto di abiurare altrimenti sarebbero stati forzatamente inviati in Abasgia (odierna Abacazia) e presso gli Zinchi, feroce popolo della Sarmazia asiatica.
Procedendo per marce forzate - estenuanti strumento di morte come aveva insegnato Giulio Cesare nel de Bello Gallico e come replicheranno gli stati maggiori del Comitato per l'Unione e il Progresso - i fratelli iniziano a morire per malattie e stenti e quelli che sopravvivono vengono uccisi lungo il cammino.
Eros muore per primo a Kené Parembolé, sulla costa tra Trebisonda e Rize, dopo di lui è la volta di Orenzio viene gettato in mare con una pietra al collo che viene sepolto.
Farnace muore ad una trentina di chilometri oltre Rize, mentre Firmo e Firmino giungono nei pressi del forte di Apsaros, odierna Gonio nella Repubblica Autonoma Agiara e spirano insieme il 3 luglio. Ciriaco muore nella città di Ziganeos sempre sulla costa il 24 luglio, infine Longino che viene imbarcato su un battello, muore in mare il 28 luglio prima di arrivare al porto di Pityunt odierna Pitsunda.


Carlo Coppola