Una lettera di P. Alberto Amarisse da Cave martire del Genocidio Armeno
Pubblichiamo una lettera del Servo di Dio P. Alberto Amarisse o.f.m che più di cento anni fa così descriveva la situazione in Siria. P. Alberto Amarisse da Cave (Francesco Nazzareno Amarisse) altrove indicato come (Alberto da Grotta) fu un martire francescano in Armenia Minore e più esattamente nell'attuale Provincia di Kahramanmarash.
Per approfondimenti sulla sua vita rimandiamo al sito www.angelopinci.it
Marasc, 28 aprile 1909
R.ndo Padre Segretario
Oggi alle 10,30 antimeridiane si sente dalla fortezza il fragoroso rimbombo dei cannoni i quali non già distruggono la città, ma bensì rallegrano questa povera gente scolorita e smunta dall’incubo dei massacri. I dellal, pubblici banditori, annunziano con festoso grido il nuovo Sultano, le vie si ripopolano di cristiani e la città intera prende l’antico aspetto giocondo.
Questa pubblica allegrezza, Reverendo Padre mio, mi ha in parte sollevato il cuore; le dico in parte, perché mi lacera il cuore il sapere che migliaia di bimbi si trovano sulle montagne raminghi e senza pane e che molti villaggi cristiani per timore si son fatti musulmani. E tra questi villaggi si numerano per ora Tavullè, Calalè, Dutalè e Anegeck.
Qui in Marasc solamente sabato (17 aprile) si ebbe un massacro, in cui furono uccisi una quindicina di cristiani ed una quarantina di feriti e sarebbe stato assai più tremendo se il Governo locale non avesse preso subito energiche misure. In quel giorno un migliaio di persone si rifugiò al nostro Ospizio, e, dopo tre giorni, i meno paurosi cominciarono a ritornarsene alle loro case; gli altri poi questa mattina lieti e contenti con le loro famigliole, con mille ringraziamenti, se n’andarono nei loro quartieri. A dir vero, fra tanta gente, accampata nel nostro Ospizio, vi era abbastanza ordine, sicura di trovarsi sotto buona tutela, difesa dai soldati gentilmente inviatici dal Governatore. Nei nostri villaggi circonvicini, cioè Mugiukderesi, Jenige-Kalè e Bunduch, fuori di un panico tremendo, non accadde nessun doloroso avvenimento; solo in Donkalè due messeri di nome Alì e Mustafà Rahmage cominciarono a suscitare mali umori tra cristiani e turchi, ma presto questi due esseri pericolosi furono chiamati in Marasc dal Governatore al redde rationem.
Il massacro fu terribile nel vicino villaggio di Asciflì, in cui furono incendiate 74 case e uccise 16 persone. Bagkce, Hassenbei, Karne con altri undici villaggi furono incendiati, le vittime, per ora, non si possono enumerare con certezza. Vennero al nostro Ospizio da quelle parti alcune persone per domandare l’elemosina; queste colle lagrime agli occhi mi assicurarono che centinaia di cristiani in quelle parti furono uccisi, centinaia di spose dopo di essere state… furono uccise, centinaia di orfani per paura di essere anch’essi uccisi si rifugiarono nei boschi ove si alimentano di erbe. Ricevetti anche una lettera di Fendegiack, in cui si attestano le medesime sventure ed implorano la carità cristiana. La carità cristiana solamente potrà lenire le pene di questi poveri sventurati e derelitti, e porre un argine alle calamità che provengono dalla fame. Io mandai a quei poverini 108 chilogrammi di farina; il resto, son sicuro, lo farà la Divina Provvidenza.
Accolga, R. P. Segretario, i miei sinceri ossequi e mi creda sempre
D. S. P. Rev.da
Umile Confratello
Fra A. Amarisse
O. F. M.
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