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“Noi Credevamo”: polemiche e istanze tradite di un Risorgimento zoppo


da http://www.lsdmagazine.com/noi-credevamo-polemiche-e-istanze-tradite-di-un-risorgimento-zoppo/6306/



Noi CredevamoNoi Credevamo, come ormai in molti sanno, è l’ultima fatica del regista napoletano Mario Martone. A ben 7 anni dall’ultimo lungometraggio  - L’odore del Sangue, con  Fanny Ardant e Michele Placido - Martone torna ad occuparsi della trasposizione cinematografica di un’opera letteraria ma, a differenza del primo caso, il progetto questa volta è stato molto più complesso e le distanze dal testo di riferimento sono numerose e di notevole portata.  Il volume di partenza ha lo stesso titolo del film e sin dalle prime pagine l’autrice Anna Banti - moglie di Roberto Longhi e amica di grandi intellettuali come Carlo Emilio Gadda - mostra un intento moralistico e memorialistico contro cui il film di Martone combatte aspramente sin dalle prime inquadrature. La retorica anti-risorgimentale di cui il romanzo è intriso compare solo in paio di punti della pellicola assumendo valore di chiosa, a puntualizzare il fallimento dell’azione democratica, in cui si prende atto, non già del tradimento degli ideali, ma di un accomodamento degli stessi su posizioni di compromesso, ribadendo - come già aveva fatto Giovanni Verga, in nuce -che quel sangue versato, le torture e le teste tagliate, erano servite principalmente a sposare l’asse del potere da una stanca aristocrazia latifondista ad una borghesia altrettanto ottusa, immorale e forcaiola. Eppure, oltre tali elementi che contribuiscono ad un dibattito di sicuro interesse, altri aspetti hanno alimentato il fuoco delle polemiche suNoi Credevamo. In molti hanno trovato che il film, costato alcuni milioni di euro e destinato in un primo momento solo al piccolo schermo, non fosse rigoroso dal punto di vista formale. Ad un esame più attento ci si rende conto che ciò non corrisponde affatto a verità. Martone ha, peraltro, evoluto il linguaggio filmico precedentemente espresso con grande maturità fin dalla prima opera Morte di un matematico napoletano, ed ha integrato al preziosismo della propria estetica, un attento esame dei luoghi e dei volti. Lo ha fatto con coraggio restituendo facce e scorci di una impeccabile bellezza. Straordinarie sono carrellate tra la sofferenza, mai affettata e mai ostentata, dei condannati nella fortezza di Montefusco, tra cui spiccano oltre aLuigi Lo Cascio grandi attori come Andrea RenziRenato Carpentieri, il barese Totò OnnisEdoardo Winspeare tornato a fare l’attore dopo l’esordio in Bell’epoker di Nico Cirasola. Accanto a loro tanti attori pugliesi, tra cui Pietro Manigrasso talentuoso interprete tarantino già presente in Vento di Terra di Vincenzo Marra, Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrenti e in Henry di Alessandro Piva. Anche la Puglia è quindi presente a pieno titolo nella pellicola. Alla vera fortezza di Montefusco, infatti, è stato preferito il castello diDeliceto nel Subappennino Dauno e location manager è stato il pugliese Daniele Trevisi che, come ci racconta l’aiuto regia del film Raffaele Di Florio, è risultato un prezioso collaboratore, spesso corresponsabile di molte scelte positive. Ma le sorprese che Martone ha riservato al suo pubblico non sono finite, l’amore per la storia, per la cultura si sono spinti a recuperare linguaggi a lui non usuali. Accanto ai campi lunghi e ai primi piani ossessivi che raccontano di uomini e vite quotidiane, lotte e lavoro in un afflato impetuoso tra micro-storia e macro-storia, il regista ha aggiunto una esplicita ricerca formale del linguaggio televisivo. La ripresa degli interni, soprattutto per ciò che concerne l’ambientazione inglese e francese della pellicola, è il trionfo di una scenografia particolareggiata ma non ossessiva, perché come sostiene Martone nella sua biografia, (Chiaroscuri: scritti tra cinema e teatro, Bompiani, 2004) citando Leibniz il singula enumerare prevede sì, ma non obbligatoriamente, l’omnia cincumspicere. Per gli amanti dello sceneggiato italiano d’autore evidentissime sono le citazioni da opere ormai classiche quali Il Circolo Pickwick di Ugo Gregoretti e Le inchieste del commissario Maigret di Mario Landi con Gino Cervi. Ma Martone da artista di ricerca interviene ad innovare il modello, esaltandolo e arricchendolo, gestendone gli aspetti universali in esso contenuti. Di questo, l’esempio evidente ci viene offerto da una delle sequenze più notevoli dell’intero film. Con un lungo e lento carrello, il regista penetra negli appartamenti privati di Cristina di Belgiojoso. E’ mattina, la servitù è indaffarata nelle pulizie, dalle finestre entra una luce livida, un accordatore provvede alla manutenzione di un piccolo piano a coda. Lentamente il carrello lascia la stanza e penetra nello studio privato dove la principessa è seduta allo scrittoio e discute animatamente con Angelo uno dei protagonisti. La discussione si fa sempre più animata, l’interprete, Francesca Inaudi, fa sobbalzare alcuni oggetti sullo scrittoio e senza uscire dalla parte li mette a posto, ma non più come Cristina ma come Francesca. Entrare e uscire da sé in questo modo fa dell’attore un grande attore, che non recita ma è. Durante la concitazione, però, c’è qualcosa di contemporaneo, di familiare, di novecentesco, l’accordatura del piano fatto di prove di singole note non è mai cessata, producendo così un effetto di minimalismo che porta l’intervento sonoro straniante - alla maniera di A Room di John Cage - a divenire parte integrante di un film di ambientazione ottocentesca. E davanti a tali trovate non si può che definire Martone un grande regista, vivo e splendido nella sua arte. La Sceneggiatura di Noi Credevamo di Mario Martone è stata edita da Bompiani Overlook ed è disponibile nelle migliori librerie da novembre 2010. Anche il romanzo di Anna Banti, Noi Credevamo, da cui trae origine il film è stato ristampato ed è in libreria per i tipi di Oscar Mondadori da ottobre dello stesso anno.
Nella foto di Eleonora Gagliano Candela, il cast completo del film “Noi credevamo” di Mario Martone scattata in occasione della conferenza stampa di presentazione del 67 Festival del Cinema di Venezia.

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