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Ode alla lingua armena di Arshak Chopanyan (1908)


Poesia in prosa del grande scrittore Archag Tchobanian pubblicato a Costantinopoli, il 2 ottobre 1908.

Come un fiume immenso, nato dalle vette inaccessibili di montagne antiche e che per evi incalcolabili ha porta sotto il sole la sua grande fresca vita fluente e canta, corri attraverso i secoli, oh bella e dolce lingua armena! La tua fonte è persa nella misteriosa nebbia delle cime cadute del passato. Attraverso la maestà di favolose ombre, come una potente quercia che si piega sulla tua ondata che sorge, intravediamo ancora la figura serena del gigantesco Haik, padre della nostra razza, che ha gettato su di te il suo sguardo possente di prima ribellione contro la tirannia. E alla tenerezza incantata dei nostri occhi filiali, viene sempre offerta la grazia orgogliosa di Ara il bello; che, come un letto di gigli, brillò per un momento sulle tue sponde, poi, fedele all'Amore e alla Patria, morì di una morte valorosa, una morte radiosa e pura come un giardino di grandi rose rosse. E nel corso dei secoli si sa più chiaramente, quali figure di principesse di sole, di eroi di ferro, di profeti dell'incenso e di poeti ardenti abbiano rispecchiato i loro sogni nelle tue acque!
Cento razze, tra le più forti e le più belle, tra le più feroci e nobili, hanno attraversato i tuoi confini. Molti di loro, che avevano l'oscuro pensiero di farti prosciugare, sono morti per sempre, sepolti nella polvere sollevata dal loro passaggio impetuoso; e tu, prendendo da ciascuna di esse una luce, un'ombra, un colore, un luccichio, le raccogli lette nel tuo petto, arricchisci lo splendore della tua tunica, e, sempre vivace e vigile, continui il tuo corso nei secoli.
Chi ci farà sentire di nuovo i grandiosi inni, le nobili odi e le orgogliose e libere canzoni di trionfo che le tue onde cantavano in quei giorni d'oro, quando il cuore della gloria, gli occhi di fiamma, la criniera di fuoco, gli zoccoli di luce, il fuoco tratteggiato sulle terre che hai bagnato, guidato dalle forti mani di Tigrane e Tiridate! Dormono sepolti per sempre nell'oscurità del tempo. Ma troviamo la loro eco in questa potente e perfetta sinfonia che hai fatto risuonare sotto il divino soffio della pleiade mesropica, quando tra le tue sponde adornate dai fiori più belli del mondo, le tue onde, vestite della tua nativa porpora e risplendenti di tutto l'oro del sole, dispiegato con la magnificenza di una processione reale. 
Un giorno un temporale ti scosse e le tue acque spumeggianti, vorticose, ruggenti, scure e lacerate dai fulmini, alzarono una canzone strana, frenetica e armoniosa, nobilmente aspra e dolcemente terribile, una canzone che si sarebbe detta cantata dalla tromba di un Arcangelo preso dal terrore e dalla pietà sopra gli orrori dell'inferno che apre le sue fauci. Era l'anima del monaco di Narek che a sorvolarti.
In seguito, una notte di luna ti ha fatto sbocciare di luce con incomparabile dolcezza. Le tue acque, in piccole onde pacifiche oscillate dolcemente in un'estasi beata, scintillanti sotto una pioggia di miele di luci argentee, cantavano una canzone d'amore e di benedizione. Era il cuore di Narsete il Grazioso che splendeva su di te ...
Sono venuti i giorni del disastro. Gloria e potere hanno abbandonato le tue coste. La miseria incombe su di te. I venti malvagi ti hanno strappato il petto con le loro ali nere. Una pioggia di sangue ti è caduta addosso e ti ha fatto arrossire. Cupi cumuli di cadaveri disseminano le tue onde. La tua onda era sporca, ha assunto i colori impuri della putrefazione. E hai sentito per un momento l'oscurità della Morte aleggiare su di te. Ma la tua forza interiore ha vinto la Morte e sei resuscitata, ritemprata e più giovane che mai. Una nuova sorgente brillava, purificando le acque, dava loro trasparenza cristallina e lucentezza della perla; una brezza con ali leggere rinfresca il tuo petto; una luce malvagia ha piovuto su di te rose e gigli; sulle tue rive fiorivano le vigne e venivano gli usignoli, nascosti nelle loro ombre amichevoli, modulando i loro teneri canti; era il melodioso sciame dei Trovieri...
E oggi, dopo aver attraversato tanti paesaggi, tanti secoli e tante peripezie, dopo aver conosciuto i fasti più puri e le calamità più formidabili, tu ancora fluisci, o lingua armena, scorri vivace e limpida. La tua fonte secolare non ti ha stancato, non ti ha invecchiato. Il segreto dell'eterna giovinezza è dentro di te. Ora unisci la sontuosità della tunica dorata dei tuoi grandi tempi classici con la delicata grazia del periodo perlaceo dei Trovieri; a volte hai l'ineffabile dolcezza del pesante sguardo di tenerezza delle nostre madri, a volte la vivace radiosità dell'anima sfacciata dei nostri eroi; a volte rifletti il ​​terribile rossore dell'inferno delle nostre disgrazie, a volte la radiazione solare delle nostre nobili speranze. E attraverso tutte le bocche delle tue acque hai cantato Libertà con un accento così profondo, così intenso e così dolce, che tutto l'Oriente è stato scosso, e che attraverso l'ombra che lo seppellisce possiamo già vedere brillare i primi raggi di una grande Alba...
O nostra lingua, specchio di purezza, tenerezza e valore, tu sei la nostra anima, il nostro sangue, il nostro onore e la nostra gloria. Sei una delle più alte espressioni della forza universale. Finché la vita dura sulla Terra, seguirai trionfante il tuo corso chiaro e generoso attraverso le infinite pianure del tempo.

Costantinopoli, 12 ottobre 1908

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