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"La divulgazione costruttiva" attraverso le traduzioni di Kegham J. Boloyan

di Salvo Jethro Brifa



Kegham Jamil Boloyan è Armeno Siriano nato ad Aleppo nel 1960, docente di lingua e traduzione araba presso l’università del Salento. 
È un raffinato divulgatore della cultura orientale, nonché presidente del centro di orientalistica di Bari, un luogo, anzi un crogiolo di studiosi, pensato come valido strumento di approfondimento linguistico e culturale del mondo arabo. Del prof. Kegham J. Boloyan ricordiamo tra le traduzioni delle opere: “Il Richiamo del Sangue (FaLvision 2012) e “Il narratore del deserto. ‘Abd al-Salàm al –Ugaylì” (Falvision 2014). 
Il docente è noto per il suo impegno di promozione, sviluppo culturale e spirituale per l’uomo, attraverso la conoscenza della storia nei suoi molteplici aspetti e potrebbe essere definito un costruttore di ponti tra Oriente e occidente. A lui si adatta l’antico detto: 

“Ci saranno sempre dei sassi sul cammino, ma dipende da noi se farne dei muri o dei ponti”. 

Grazie al suo impegno a marzo 2018, per Radici Future produzioni, è stata editata la traduzione del testo di Nora Arissian (Armena Siriana di Damasco, ricercatrice e traduttrice. Docente di Storia Moderna presso l’università del suo paese) dal titolo: 

“IL GENOCIDIO ARMENO 1915 NEL PENSIERO DEGLI INTELLETTUALI ARABI SIRIANI”. 



Un lavoro di collaborazione e di entusiasmi, un atto dovuto per amore verso la giustizia, verso la memoria che è dovere trasmettere. Sono pagine che trasudano passione del raccontare, sono righe che si intrecciano sapientemente per realizzare tappeti d’interazione. E’ un mosaico di riflessioni di intellettuali coraggiosi passati al setaccio con onestà e lucidità. 
Nora Arissian nel tentativo di voler comprendere la posizione ufficiale araba sul genocidio armeno ha intervistato molti studiosi siriani evidenziando aspetti inesplorati sul “Grande Crimine” perpetuato dagli ottomani nel 1915. 
È un testo che offre aspetti inediti sullo sterminio di massa senza scadere nella retorica. 
Da queste righe emerge il valore dell’accoglienza. Vi è nel suo vergare una visione più ampia, quella che non inciampa nelle cicatrici del passato, ma guarda a ogni popolo come a un petalo di una rosa dell’umanità.
Ogni volta che si fa violenza e si decide di isolare perché soccomba una nazione per propri interessi (o interessi di pochi), non abbiamo allargato i nostri confini, ma reso più povera l’umanità. Quando la comunità internazionale non si esprime con fermezza contro ogni tipo di sopraffazione si rende complice di tanta atrocità. Lo spettacolo criminale che ci rende orgogliosi della durezza miope deve essere sostituito da quello della fraternità, dell’armonia, ma nulla di tutto questo può germogliare se non vi è giustizia che è rispetto per la dignità di ogni essere, di ogni vita. Ogni prevaricazione si veste di autoritarismi che affondano le proprie radici nell’ignoranza che si nasconde dietro maschere di perbenismo e servilismo.
La cultura della pace è lievito per il pane del futuro. Chiudersi nelle fortezze dell’egoismo con i sassi nella fionda rende livide le masse, li costringe a scavare trincee, fossati di separazione che nulla hanno dei colori dell’alba aurea della prosperità, del bene comune.
Sono pagine che trasudano passione del raccontare, sono righe che si intrecciano sapientemente per realizzare tappeti d’interazione. E’ un mosaico di riflessioni di intellettuali coraggiosi passati al setaccio con onestà e lucidità. Nora Arissian nel tentativo di voler comprendere la posizione ufficiale araba sul genocidio armeno ha intervistato molti studiosi siriani evidenziando aspetti inesplorati sul “Grande Crimine” perpetuato dagli ottomani nel 1915. E’ un testo che offre aspetti inediti sullo sterminio di massa senza scadere nella retorica. Da queste righe emerge il valore dell’accoglienza. Vi è nel suo vergare una visione più ampia, quella che non inciampa nelle cicatrici del passato, ma guarda a ogni popolo come a un petalo di una rosa dell’umanità. 


Ogni volta che si fa violenza e si decide di isolare perché soccomba una nazione per propri interessi (o interessi di pochi), non abbiamo allargato i nostri confini, ma reso più povera l’umanità. 
Quando la comunità internazionale non si esprime con fermezza contro ogni tipo di sopraffazione si rende complice di tanta atrocità. Lo spettacolo criminale che ci rende orgogliosi della durezza miope deve essere sostituito da quello della fraternità, dell’armonia, ma nulla di tutto questo può germogliare se non vi è giustizia che è rispetto per la dignità di ogni essere, di ogni vita. 
Ogni prevaricazione si veste di autoritarismi che affondano le proprie radici nell’ignoranza che si nasconde dietro maschere di perbenismo e servilismo. La cultura della pace è lievito per il pane del futuro. Chiudersi nelle fortezze dell’egoismo con i sassi nella fionda rende livide le masse, li costringe a scavare trincee, fossati di separazione che nulla hanno dei colori dell’alba aurea della prosperità, del bene comune.

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