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Arshak II di Tigran Tchoukhajian in scena il 19 luglio 2018 a Yerevan di Carlo Coppola



All'interno del programma #VIVEREALLITALIANA il 19 luglio 2018 ore 19:00 al Teatro dell'Opera Alexander Spendaryan - di Yerevan andrà in scena una rappresentazione dell'Opera "Arshak II", di Tigran Tchoukhajian, prima opera lirica armena, con libretto scritto nel 1868 in italiano e armeno.
L'iniziativa si svolge con il sostegno dell'Ambasciata della Repubblica Italiana a Jerevan e avviene in coincidenza con la visita in Armenia di prof.ssa avv. Paola Severino, già ministro della Giustizia del Governo presieduto dal sen. prof. Mario Monti e Rappresentante Speciale, con delega alla Lotta alla Corruzione, dell'Organizzazione per la sicurezza e Cooperazione Europa.
L'evento è frutto della collaborazione tra l'Ambasciata e il Maestro Constantin Orbelian, Direttore del Teatro dell'Opera di Yerevan.


Ma cerchiamo di capire di più su quest'opera. L'autore è figura ponte della musica lirica tra Italia, Armenia e Impero ottomano. Considerato padre della lirica Amena fu anche anche autore della prima opera lirica ottomana. La famiglia aveva svolgeva tradizionalmente la professione di orologiai imperiali, mentre il padre era amministratore artistico in varie imprese. Il Giovane Dikran si formò nella capitale della Sublime Porta assistendo alle lezioni di composizione del maestro Gabriel per poi trasferirsi a Milano dove studiò sotto la guida del maestro Manzoni nel Conservatorio meneghino dal 1861 al 1864. I risultati furono da subito con tanto soddisfacenti che il critico Riccardo Torre lo definì come "il Verdi Armeno", in grado di "combinare tra loro le melodie dei popoli d'Oriente". Un altro critico, Adolfo Talasso, ne mise in luce l'origininalità delle idee, la freschezza del linguaggio musicale, l'orchestrazione colorita. Se ne evidenziava l'uso dell'armonia e del contrappunto in grado di assicurare una struttura robusta alle composizioni, così piene di potere e incanto. Tutti questi elementi venivano messi in relazione con i "raggi d'Oriente". Non è chiaro, però, se l'Oriente a cui i critici sembrano ammaccare fosse solo un Oriente goegrafico, o uno molto meno materiale, a cui erano legati molti compositori Italiani e Ottomani. In tal senso anche le chiavi di lettura verdiane non sarebbero solo il segno di una contiguità compisitiva con genio di Busseto ma di una ben più radicata fratellanza di idee. La stessa si riscontrerebbe anche nella vicinanza del Tchoukhajian alla personalità legate alle prime logge dell'impero ottomano. In tal senso affidò la sua prima e forse più nota opera alla scrittura di un grande intellettuale armeno della Polis, l'armeno-veneziano Tovmas Terzian.


Terzyan era nativo di Pera come Tchoukhajian, di padre Greco-armeno cattolico e madre greco-veneziana, era stato allievo del Collegio Moorat-Raphael di Venezia. Non fu poeta prolifico, quanto più tra i grandi pedagogisti armeni della Polis. Insegnò in modo indimenticabile al collegio Nersesian, e al Gedronagan Varjaran. Tra i nomi dei suoi allievi diretti figuravano Eghia Demirjibashyan, Grigor Zohrab, Reteos Berberian, ovvero la generazione dei grandi intellettuali armeni che più di tutte cambiò la storia culturale della Diaspora. Terziyan fu anche in corrispondenza epistolare con il maestro Giuseppe Verdi con cui più volte si confrontò circa alcuni passaggi cruciali della sua scrittura.
Il suo libretto d'opera dell'Arshak II fu scritto in due versioni armena e italiana, e non è solo una priceps per la storia della musica, ma anche un unicum in cui i momenti di realismo e di vigore narrativo incontrano la ricerca linguistica in entrambe le tradizioni letterarie. Ashak II, non più Arsace, non è più solo il figlio di Tigrane, è cresciuto in tutti i sensi ed è libero di uscire dalle catene dalla tradizione letteraria e musicale. Albinoni, Vivaldi, Handel, Scarlatti, Gluck - Goldoni non lo costringono più, ma esso è ormai libero di conoscere cantare nello stile di Donizetti o di Bellini, sino a che con un salto mortale non diventa anch'egli "verdiano". Ma lo fa con lo spessore conferitogli dalla carica morale tipica dei padri della tradizione letteraria armena Movses Khorenatsi (Mosè di Korene) e Pavstos Buzand (Fausto il Bizantino). I suoi tratti assumono un che di profondamente alfieriano nella costruzione del personaggio. Ne derivano così arie musicali di ampio respiro, potentemente poetiche anche nella cura dei dialoghi, che fanno vibrare e sussultare gli spettatori.