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"Napoli: raccontarla (il) male - da Il ventre di Napoli di Matilde Serao a Gomorra di Roberto Saviano"


Al Teatro Petruzzelli per il ciclo "delle Lezioni di Storia. Romanzi nel Tempo" 4 novembre 2018 è andata in scena una ignobile pantomima, sotto la forma di lezione di tal Paolo Macry. 
Dico subito trattarsi di intervento di a dir poco vergognoso e razzista, colmo -- stracolmo -- di retorica Risorgimental anti-Borbonica, anti-meridionale, pregiudizievole e di fatto filo-lombrosiana. Siamo tornati al “Napoletani buoni a nulla” che non sanno stare al passo col Nord, alla scienza e la tecnica da preferire all’arte e alla letteratura e anche alla giurisprudenza.

 Il tono con cui queste nozioni sono state espresse era plagoso, noioso, sentenzioso, pedantemente grammatico e pontificatorio, supportato a suo dire da pagine di citazioni, opportunistiche, per quanto malamente lette. Ogni concetto, che sembrava scopiazzato dalla pamphlettistica antimeridionale di fine Ottocento, era espresso all’insegna della detrazione di una città che -- dovremmo ricordare -- nel bene e nel male è stata capitale usurpata di un regno. Per l’oratore, coinvolgente come un pezzo di caucciù in mezzo alla foresta vergine, Napoli è regno del male e del terrore. Pedofilia, miseria, brigantaggio, nasi schiacciati dalla miseria, ottentotti dal naso camuso. Di tutti i luoghi comuni mancavano solo il pregiudizio anti-massonico e quello anti-semitico. 

Del resto c’era di tutto: una classe media incapace, classe dominante connivente, intellettuali deboli perché troppo clericali, incapaci di dar vita ad un movimento di associazionismo come nella “inclita” e “civilissima” Milano asburgico-austrungarica. Milano delle 5 giornate contro Napoli incapace di ribellione. Milano Politecnica contro Napoli ignorante. Costui ignora Benedetto Croce narratore -- “Paradiso abitato da Diavoli” solo un esempio possibile --, come ignora ignora Ermanno Rea e le contestazioni migliori della sinistra europea, anzi denigra anche quella scuola a cui attribuisce connivenze spirituali con democristiani (che non cita esplicitamente) e con quanti difendevano Napoli. Il professore nella sua lezione/comizio -- un intervento congressuale della Lega Lombarda di Gianfranco Miglio sarebbe stato più caritatevole verso i Napoletani --attacca tutti anche il sindaco Luigi de Magistris, uomo mite e incarnazioni dell’associazionismo napoletano e della stessa lotta al malaffare. Sono in ascolto basito, incredulo, in diretta, al Quint’ordine. 

Egli cita e saccheggia i miei autori preferiti facendo dir loro ciò che non hanno detto, li fa straparlare, cita tendenziosamente, maliziosamente, da erudito sciacallo, la Serao, la Ortese, Malaparte, strumentalizza persino Erri De Luca e il grande, e insuperabile Peppino Galasso, che chissà che capriole ha fatto nella tomba. 
Atterra e si acquatta su Saviano per cui inventa un nuovo genere letterario la “narrazione/saggio”, e qui a capriolare post mortem sono in tanti. Gadda e Sciascia a sentir attribuire a Saviano anche un genere letterario nuovo si fustigano e il Gaddus Pirobutirro starebbe per rifiutare il “Viareggio”. E così tra il dire e il fare Saviano diventa il fulcro della discussione, ma non una parola sui contenuti o lo stile narrativo di “Gomorra” o degli altri scritti di Roberto Saviano, per carità. 

Gli si applicano formule e categorie storico critiche vecchie più del cucco e alquanto superate. Martire vivente, lo si innalza a Agnello Eucaristico di una nuova liturgia. E non c’è nulla di peggio di liturgizzare un autore per ucciderne drammaticamente le aspettative, i contenuti e le attese. 

Non so chi Paolo Macry proporrà per la campagna elettorale a sindaco di Napoli, ma dal tono di anti-napoletanità con cui parlava sarei stato ingenuamente convinto che fosse un leghista. Purtroppo una inutile stoccata finale contro i Populisti, mi sono convinto che sia purtroppo il nuovo controfagotto scelto come concept manager della campagna dell’opposto partito.

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